Cos’è un “classico”? Un classico – ha spiegato Bobbio – è un Autore “sempre attuale, onde ogni età, addirittura ogni generazione, sente il bisogno di rileggerlo”. Queste parole tornano alla mente ora che siamo profondati in un cafarnao di confusioni e di equivoci da cui, forse, la lezione laica di Gaetano Salvemini può servire a tirarci fuori. Tanto più che il laicismo di Salvemini muove precisamente da quel principio della tolleranza che oggi viene depresso a fomite di neutralità e di gelida indifferenza. Quasi che la tolleranza autorizzi gli uomini a fare quel che loro più conviene, fomentando così l’opportunismo vigliacco di chi è privo della luce di un’idea e della guida di una convinzione. Là dove, invece – sono parole di Salvemini – “rispettare il principio giuridico della tolleranza non significa cedere di fronte a coloro che pensano diversamente da noi, né essere pronti a cambiare le nostre opinioni come banderuole al vento. Noi e i nostri oppositori – proseguiva – abbiamo lo stesso diritto di sostenere le nostre opinioni e lo stesso dovere di rispettare negli altri quel diritto. Ma non abbiamo alcun obbligo di essere intellettualmente tolleranti dei loro errori o moralmente tolleranti dei loro misfatti.”
Del resto, che la tolleranza non sia “agnostica” e che essa non garantisca la stessa condizione alla verità e all’errore (a ciò, si capisce, che per noi è la verità e l’errore), che la tolleranza, dicevamo, non sia agnostica è testimoniato da un ulteriore argomento: quando i liberali affermano che la tolleranza giuridica deve valere per tutti, essi sostengono un principio – che per loro è un principio di verità e di giustizia – sul quale non intendono patteggiare con chicchessia. Il principio liberale di verità e giustizia è che la tolleranza giuridica deve valere per tutti e che tutti, dunque, devono essere investiti di eguali libertà. Come ogni altro principio ritenuto vero e giusto, anche questo liberale non tollera compromessi. E a nulla vale ricordare che, almeno in Italia, la popolazione è quasi tutta cattolica e che perciò suona offesa al sentimento nazionale equiparare i diritti di sparute minoranze a quelli della maggioranza cattolica. Non è forse vero che in democrazia domina la maggioranza? No che non è vero, replica Salvemini: nelle moderne democrazie, la maggioranza governa, non domina. E non domina perché gli odierni regimi democratici, avendo assorbito tutti gli attributi del liberalismo politico, sono liberal-democrazie. Ora, il tratto distintivo della liberal-democrazia è che essa pone degli argini giuridici che nessuno, nemmeno la maggioranza, può valicare. E questi argini giuridici sono rappresentati precisamente dai diritti di libertà eguali per tutti; sicché, come avverte Salvemini, “se anche tutti gli italiani fossero cattolici consapevoli, convinti, coerenti e praticanti e un solo italiano non fosse tale, quell’unico italiano dovrebbe avere dinanzi alla legge gli stessi identici diritti dei suoi concittadini cattolici, e questi non dovrebbero godere di nessun privilegio legale nei suoi confronti”.
Coloro che oggi promuovono l’espansione della religione nella sfera pubblica sono disposti a sottoscrivere queste parole? Sì o no. No? E allora deflettano da professioni di liberalismo che sono tanto più solenni quanto più costruite sull’equivoco. Sì? E allora spieghino perché si mostrano così duri e refrattari agli assunti del laicismo. Il quale laicismo, sia detto una volta per tutte, non partecipa affatto dello spirito irreligioso e non ha nulla, ma veramente nulla della volgarità insolente di un Podrecca. Il presupposto del laicismo è né più né meno che il principio giuridico dello Stato liberale, dello Stato cioè che, indipendentemente dalla forza dei numeri e a prescindere dal tenore dei convincimenti religiosi, riconosce a tutti, credenti e miscredenti, cattolici e protestanti, atei e tremolanti, a tutti riconosce le stesse libertà politiche e civili. Nell’ambito delle quali, poi, ciascuno sarà libero di incamminarsi per le strade del paradiso secondo il vero, il bene e il giusto che gli detta la sua coscienza morale. A ognuno il suo paradiso, quindi, e a tutti l’eguale libertà. “Cosa si salverebbe della libertà – chiede Salvemini – se si cominciasse con il sacrificare proprio quella cosa più cara che dovrebbe essere il contenuto della libertà: dico il diritto non solo nostro, ma anche degli altri: se si nega ai tremolanti il diritto di tremolare, dove va a finire il mio diritto di non tremolare?”. E’ una domanda che sta lì, seduta sotto il suo punto interrogativo, e ancora oggi aspetta una risposta chiara ed onesta. Onesta, soprattutto.
Gaetano Pecora
