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Pericle non era un populista

Nella Società aperta e i suoi nemici Karl Popper ha esaltato Pericle come il più grande campione della democrazia antica e il più lucido teorico della “società aperta”. Non di questo avviso è Umberto Eco. Il quale , in un articolo apparso sulla “Repubblica” , ha descritto Pericle come un populista , demagogico e in malafede.

L’argomento principale al quale Eco fa ricorso per corroborare il suo giudizio demolitorio è che, mentre Pericle tesseva l’elogio della democrazia , ad Atene c’erano accanto a 150 mila abitanti 100 mila schiavi. Il che è vero. Ma è vero anche che Marx ci ha insegnato che lo spietato sfruttamento dell’uomo sull’uomo è strettamente legato al basso sviluppo delle forze produttive. E ci ha anche insegnato che il “presupposto pratico assolutamente necessario della emancipazione del lavoro” è “un grande incremento della produzione, poiché senza di esso si genererebbe soltanto la miseria e quindi col bisogno ricomincerebbe il conflitto per il necessario e ritornerebbe per forza tutta la vecchia merda”.

Questa è una delle più importanti verità che dobbiamo al genio di Marx. Dal quale si evince che rimproverare alla democrazia ateniese di basarsi sulla schiavitù significa fare della facile demagogia. Che è ciò che fa Eco, dimentico, per l’appunto, della lezione di Marx, di cui, per altro, si è detto sempre discepolo. Inoltre, Eco nasconde ai suoi lettori che ad Atene le condizioni degli schiavi. oltre ad essere infinitamente migliori di quelle degli iloti nella società spartana, erano tali che minima era la distanza che li separava, sia dal punto di vista materiale che dal punto di vista morale, dai liberi cittadini. Lo constatò, indignato, l’arcireazionario Anonimo Ateniese : “ Ad Atene la sfrontatezza degli schiavi e dei meteci è enorme: non è neanche consentito di batterli, né chi è schiavo ti cederà il passo per la strada. Ti spiego perché questo sia tipico di Atene. Se la legge consentisse ai liberi di picchiare gli schiavi , o i meteci o i liberti, spesso si finirebbe col picchiare un Ateniese – un libero –, scambiandolo per uno schiavo. Giacché il popolo non è per niente vestito meglio degli schiavi e dei meteci , e in nulla il suo aspetto è migliore. E nessuno si stupisce ancora del livello di vita consentito in Atene agli schiavi – alcuni dei quali vivono addirittura nel lusso –, si può dimostrare anche che questo avviene a ragion veduta. Dove , infatti, c’è potenza navale , lì è inevitabile essere schiavi degli schiavi per una ragione economica : per poter riscuotere quello che mi spetta sulle attività del mio schiavo. Insomma, è inevitabile lasciarli praticamente liberi . Dove gli schiavi sono liberi, non è necessario che il mio schivo abbia paura di te”.

E non è tutto. Eco – con una sconcertante disinvoltura — nasconde ai suoi lettori anche che ad Atene la libertà di parola – la parresia — era assoluta; come assoluta era la libertà in tutte le manifestazioni. E tale libertà Pericle favorì e difese con la massima energia. In aggiunta, invitò ad Atene i filosofi che operavano nelle poleis della diaspora greca . Il risultato fu una rivoluzione spirituale di significato epocale: la creazione di una cultura laica centrata sull’uso pubblico della ragione. Nacque così, proprio grazie a Pericle, la prima Città secolare della storia.

La cosa non sfuggì all’acutissimo sguardo di Benjamin Constant, che elogiò Atene a motivo del fatto che essa fu l’unica città del mondo antico che ospitò nel suo seno la “libertà dei moderni”. Quella libertà che, attraverso una infinita teoria di conflitti di interessi e di valori, è rinata nel mondo occidentale. Tant’è che Thomas Paine dichiarò che, mentre i Padri puritani aspiravano a creare una Nuova Gerusalemme, i Padri fondatori della prima Costituzione liberal-democratica della storia desideravano che “l’America fosse in grande ciò che era stata Atene in piccolo”. L’Atene di Pericle, naturalmente.

Luciano Pellicani

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