La bancarotta planetaria del comunismo marxleninista non ha posto fine alla guerriglia ideologica contro l’Occidente. Il quale continua ad essere descritto – e stigmatizzato — come una civiltà malata, che pretende di essere ciò che non è affatto : la civiltà dei diritti e delle libertà. E’ quanto sostiene l’antropologo americano David Graeber , autore della Critica della democrazia occidentale. La sua tesi di fondo è che il concetto di Occidente è “incoerente e al massimo fa riferimento a una tradizione intellettuale ”, la quale “ è, nel complesso, ostile a riconoscere come democratica qualsiasi cosa possa essere identificata come tale nella tradizione indiana cinese o mesopotamica”.
Dopo queste sentenze, perentorie quanto affatto arbitrarie, il professor Graeber si impegna nella ardua impresa di dimostrare che la democrazia non è stata inventata dall’Occidente. Ma non fornisce la benché minima prova a sostegno della sua stupefacente affermazione. E si capisce agevolmente perché : al di là delle pratiche democratiche che si riscontrano nelle società tribali, nulla – assolutamente nulla – legittima la tesi che la Cina , l’India o il mondo islamico abbiano mai avuto una tradizione democratica, quale che sia il significato che le si voglia dare. L’Oriente è stato il mondo del dispotismo , centrato sulla volontà assolutamente arbitraria del sovrano, che disponeva del più terribile dei diritti : il diritto di far morire e di lasciar vivere. Ebbene : solo in Occidente tale diritto è stato soppresso e sostituito dal rule of law. E solo in Occidente – checché ne dica il professor Graeber — la libertà individuale è stata garantita a tutti i sudditi, i quali sono diventati – attraverso una infinita teoria di conflitti di interessi e di valori – cittadini, titolari di un pacchetto di diritti ( civili, politici e sociale).
Ben diversamente sono andate le cose nelle civiltà orientali. Sul punto, le pagine scritte da Ibn Khaldun – un autore che il professor Graeber ignora o finge di ignorare – sono decisive. In esse, il geniale storico e sociologo arabo illustra, come meglio non si potrebbe, le conseguenze, catastrofiche per la civiltà islamica, dell’uso arbitrario del potere da parte delle élites dominanti. Ugualmente istruttivo è la lettura del Libro del Signore di Shang di Wei Yang – altro autore che il professor Graber ignora — nel quale si difende con la massima energia il primato assoluto di taxis ( l’ordine pianificato) su cosmos ( l’ordine spontaneo). Un modello – quello di Wei Yang — che fu calato nella realtà da Shi Huang-di , con l’inevitabile conseguenza che la società cinese fu imprigionata nella “gabbia d’acciaio” dello Stato burocratico-liturgico , descritta magistralmente da Max Weber. Una conseguenza che è stata altresì illustrata negli scritti di Marx ed Engels sul modo di produzione asiatico , cui si consiglia al professor Garber di dare almeno un’occhiata prima di accendere il suo pc.
Luciano Pellicani
