Le Regioni vengono definite “in rivolta” per il tentativo del governo Monti, spinto da un’opinione ormai di massa, di rivedere a fondo il Titolo V della Costituzione, quella autentica genialata con cui il centrosinistra si illuse di catturare, in quattro e quattr’otto, i consensi leghisti e invece sfasciò un pezzo importante dello Stato italiano (o di quanto ne resta). Perché non ci sono più stati controlli esterni penetranti sul balletto di milioni di euro gestiti autonomamente (e spregiudicatamente) dai Consigli e dalle Giunte regionali? Perché il Titolo V li ha di fatto cancellati riducendo il nuovo Coreco.co (sembra lo strillo di una cocorita) ad un organo sostanzialmente “politico” e coinvolgendo in esso l’opposizione. Perché tutto è diventato incerto nel rapporto Stato-Regioni-Enti locali con la fioritura di migliaia di società partecipate e quindi di migliaia di prebende e di posti ben retribuiti? Perché il Titolo V innovava sulla Costituzione del 1948 ponendo sullo stesso piano lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni. Anzi, la Regione Sicilia, avendo ricevuto una autonomia molto speciale prima del varo della stessa Costituzione del ’48 (per paura del separatismo siciliano armato), finisce per essere un gradino più su. Tant’è che è in default (in parole povere, fallita) da anni, ma nessuno ha il coraggio di dirlo e di cominciare un risanamento decisamente problematico. Anche perché la Regione Sicilia ha un numero di dipendenti, diretti e indiretti, ormai superiore a quelli della Fiat. Dovevamo andare verso il federalismo e invece siamo precipitati nel feder-lassismo. Una volta tanto che il governo Monti (il cui liberismo non mi piace) tenta di fare una cosa giusta, temo che verrà stoppato prima di cominciare. Si consolerà risparmiando con le “notti buie”. Allegria!
Vittorio Emiliani
