Ora, il Pd è nato anni fa dalla fusione di popolari, ex democristiani, ex comunisti ed anche ex socialisti (altri però sono andati con Berlusconi), ma, pur essendo cresciutello, esso risulta ancora di incerta natura. Al punto che in Europa non fa parte della famiglia dei partiti socialisti. Quanti si oppongono ad una simile appartenenza (Bindi ma pure Veltroni, un tempo Rutelli) sostengono che essa sarebbe impropria perché il Pd è “più avanti” , rappresentando “un superamento delle socialdemocrazie”.
Un tempo i comunisti italiani si ritenevano “più avanti delle socialdemocrazie” che, come la Spd o il Psoe avevano ripudiato in un congresso di rifondazione il marxismo-leninismo. Nella pratica il Pci – ad esempio nella versione emiliana – si comportava quale forza socialdemocratica, mantenendo però il centralsimo democratico e l’orrore per le correnti. Insomma, mai i suoi dirigenti avrebbero accettato di “morire socialdemocratici” e però alla sua sinistra (vedi Manifesto) si protestava di non voler “morire democristiani”. Dai che te dai, siamo arrivati al punto che abbiamo un governo neo-democristiano (nella sua parte più nobile) e che, per non voler “morire socialdemocratici”, stando ai sondaggi rischiamo seriamente, per un altro pezzo di storia, di “vivere (si fa per dire) berlusconiani”. Uno splendido risultato. Ma non valeva la pena di provare ad essere, sul serio, per la prima volta dopo il 1921, socialdemocratici o laburisti?
Vittorio Emiliani
