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Il doppio dogma della legge elettorale

Ormai è un dogma che nessuno osa discutere : l’attuale legge elettorale – non a caso battezzata Porcellum – è la causa della crisi nel quale è scivolata la vita politica nazionale. Segue come un’ombra un secondo dogma : che si potrà uscire dall’impasse in cui si trova la nostra democrazia solo a condizione di abolire il Porcellum. Questi due dogmi sono stati ribaditi con la massima decisione da Stefano Passigli sulle colonne del “Corriere della Sera” e così argomentati : “ il Porcellum non dà nessuna certezza che consenta almeno una sicura governabilità. In ben 3 elezioni ( 2006, 2008 e 2013 ) solo in un caso il voto per la Camera e Senato ha espresso la stessa maggioranza politica”. Affermazione indiscutibile, quella di Passigli. Ma siamo proprio sicuri che il fenomeno della doppia maggioranza dipenda dall’attuale legge elettorale ? Non è forse più logico pensare che il “difetto” stia altrove ? E precisamente nel sistema bicamerale “strabico” adottato dal Costituente ? Quale legge elettorale potrà impedire la paralisi istituzionale, se , per la formazione di un governo , occorre la doppia fiducia da parte di due assemblee elette su basi diverse ? L’articolo 57 della Costituzione dispone che, per il Senato, i seggi vanno assegnati “ a base regionale “ . A ciò si deve aggiungere che il corpo elettorale delle due assemblee è differenziato in base all’età : per esercitare il diritto di voto occorre aver compiuto 18 anni per la Camera, 25 anni per il Senato. Stando così le cose, non è certo sorprendente che si produca il fenomeno della doppia maggioranza con l’inevitabile conseguenza che sia impossibile formare un governo. Il “difetto” – non lo si ripeterà mai abbastanza — sta nel bicameralismo “strabico” , non già nella legge elettorale. Prova ne sia che, qualora non fosse stata necessaria la doppia fiducia, noi oggi avremmo – proprio grazie al vituperato Porcellum – un maggioranza di governo. Ora, se effettivamente il rischio della paralisi istituzionale dipende dal bicameralismo “strabico” , allora è imperativo manomettere i dispositivi costituzionali con un preciso obbiettivo: eliminare la doppia fiducia. Si tratta di differenziare e le funzioni e i poteri dei due rami del Parlamento. Ciò potrebbe ottenersi in modi diversi. Per esempio, il Senato potrebbe essere trasformato in una camera delle Regioni, eletta, per l’appunto, su basi regionali e con poteri specifici e limitati. Oppure — prendendo a modello il sistema britannico e quello spagnolo — il Senato potrebbe essere trasformato in una”camera di riflessione” , dotata solo di potere di veto sospensivo, ma non di potere legislativo. In tal modo, non solo verrebbe scongiurato il rischio di un Legislativo a doppia maggioranza e quindi paralizzato e paralizzante , ma tutto il processo di produzione delle leggi risulterebbe molto più rapido. Sparirebbe, infatti, quel fenomeno – il continuo ed estenuante andirivieni delle leggi fra i due rami del Parlamento – che ha afflitto , si dalla sua nascita, la Repubblica.

Luciano Pellicani

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