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Il papa buono e bacchettone

Una volta tanto sono d’accordo con Galli Della Loggia (“Le inossidabili tifoserie italiane”, Corriere della Sera, 23.6.2013): la partigianeria degenera spesso nel grottesco. Tant’è che la politica ormai assomiglia a uno stadio con le tifoserie contrapposte: “non importa ciò che si dice ma chi lo dice” (a margine: gli italiani, in questo, non sono antropologicamente diversi: negli USA democratici e repubblicani si azzannano come lupi anche quando sostengono più o meno le stesse cose — tutto il mondo è Paese). Ovvio che in casi estremi il messaggio conta molto più di chi lo esterna. L’affermazione “Hitler aveva ragione” non è meno folle se a farla è Madre Teresa di Calcutta. Quando invece ciò che diciamo è interpretabile in più modi, le reazioni che suscitiamo dipendono anche dalla nostra personalità e dalla squadra cui apparteniamo. L’importante è avere il senso della misura. È sbagliato concedere un credito illimitato a chi ci sta simpatico o è dalla nostra parte. Lo è altrettanto prendere di petto un avversario a prescindere da ciò che dice. Detto questo, è umano – ‘normale’, direi – farsi condizionare da quello che sappiamo sul nostro interlocutore. Tutti siamo disposti a chiudere un occhio se stimiamo chi dice cose sgradevoli o “politicamente scorrette”. Se io, liberal-socialista dichiarato, dovessi parlare di “lobby ebraica”, verrei criticato, e a ragione: l’espressione è infelice (“gruppo di pressione sionista o filo-israeliano” lo sarebbe meno). Chi è onesto intellettualmente, però, non mi accuserebbe d’antisemitismo. “Lobby ebraica” in bocca a un esponente di “Forza nuova” o a un neo-nazista acquista ben altre sfumature politiche. Alcuni preconcetti, dunque, sono salutari. Io diffido degli estremisti di ogni colore e dei reazionari e guerrafondai alla George Bush. Mi fido invece istintivamente (ma non ciecamente) dei riformisti e dei pacifisti alla Barack Obama.

Veniamo al punto dolente per Galli Della Loggia. Papa Francesco si è scagliato contro la “lobby gay” che si anniderebbe in Vaticano. Questa paranoia anti-omosessuale rivela una mentalità retriva, anti-modernista. Eppure quasi nessuno a sinistra ha gridato alla scandalo. Al povero e mite Ratzinger, invece, non si perdonava la minima sbavatura. Questo mi pare un discorso banale. Io, per esempio, ammetto d’essere prevenuto nei confronti del nostro opinionista, ma lo sono con cognizione di causa: siccome leggo i suoi articoli, so che i gay gli stanno antipatici. Credo che li consideri aberrazioni nell’ordine del Creato – (“creature disordinate”, per dirla con Franco Buffoni, autore di un bel saggio, Laico alfabeto in salsa gay piccante).

Mi sembra di sentirlo: la “lobby gay” c’è, eccome se c’è! (“Lobby ebraica”, invece, è un’invenzione della sinistra, e quindi contiene i germi del pregiudizio antisemita). Che male c’è a pensare che gli omosessuali entrino segretamente in combutta fra loro per sovvertire la famiglia tradizionale e minare i sempiterni valori giudaico-cristiani? Chi condanna le trame oscure della “lobby gay” si ispira a una nobilissima concezione teologica, che ha il crisma della benedizione papale. Per un certo tipo di conservatore, l’omofobia è naturale come l’aria che respiriamo. Ma non voglio polemizzare oltremodo: Galli Della Loggia ha colto nel segno: perché la sinistra più propensa al conformismo ideologico concede a questo Pontefice il beneficio del dubbio? Semplice. Papa Francesco ha rivalutato la semplicità, la sobrietà e predica con gran zelo l’amore per i poveri. In fondo il socialismo è da lì che viene: dal concetto di carità e dal pauperismo evangelico. Anch’io gradisco il ritorno (se così possiamo definirlo) ai valori autentici del Vangelo. Ma non sono disposto a tollerare l’oscurantismo dei bacchettoni. Le idee socialisteggianti di Papa Francesco vanno bene. È il suo atteggiamento verso la modernità che fa rizzare i capelli in testa. Sarà un “social-democratico” in ambito economico-sociale, ma è un reazionario fatto e finito nella sfera morale. Parafrasando Craxi a proposito del comunismo sovietico: il cattolicesimo non prefigura un socialismo con tratti illiberali, bensì una società illiberale con tratti socialisti. Se si realizzasse, avremmo un clone in salsa teocratica dell’Unione Sovietica (dove, guarda caso, gli omosessuali erano criminalizzati). Sappiamo bene cosa succede quando eguaglianza e libertà sono scisse. Noi non possiamo accontentarci di una roba a metà: cos’è la giustizia sociale senza la modernità? Che senso ha l’eguaglianza materiale, sostanziale, quando è assente quella “etica”, umanistica, che si fonda sui diritti civili e sullo Stato laico?

Ecco perché critico Papa Francesco, nonostante la simpatia che provo per lui. L’esternazione anti gay non è solo offensiva in sé: vi trapela anche il non detto, l’implicito: una subcultura omofoba e maschilista, la memoria di secoli di persecuzioni e discriminazioni. Aprite gli occhi! La sinistra egemone in Italia, quella che ha ascendenze cattocomuniste, non si scandalizza per le parole del Papa perché è allergica allo spirito liberale e libertario. Non ha mai interiorizzato quel piccolo capolavoro che s’intitola Socialismo liberale.

Edoardo Crisafulli

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