La Corte dei Conti nel rapporto del 2010 sui «Risultati e obiettivi delle operazioni di privatizzazioni di partecipazioni pubbliche»in Italia ha sottolineato che l’aumento della capacità di generare profitti delle utilities privatizzate «è in larga parte dovuto più che a recuperi di efficienza sul lato dei costi all’aumento delle tariffe che, infatti, risultano notevolmente più elevate di quelle richieste agli utenti di altri Paesi europei». Il divario fra le retribuzioni in Italia cresce, grazie ad un sistema economico tendente a creare polarizzazioni reddituali i cui effetti sono accentuati dall’impatto della crisi. Uno studio della Banca d’Italia ha esaminato l’evoluzione della disuguaglianza della ricchezza sino al 2010. Dai dati si evince che il trend di riduzione della disuguaglianza si è interrotto agli inizi degli anni Novanta, con una ripresa della polarizzazione della ricchezza, e che la distribuzione era molto concentrata : il 10% delle famiglie possiede il 45% della ricchezza, contro il 50% più povero che detiene appena il 10% del totale ( interessante un dato del Boston Consulting Group: in Italia sono cresciuti i nuclei familiari che dispongono di oltre 100 milioni di dollari: da 319 a 333 ). Secondo uno studio del “Gini- Growing inequality impact”, nella classifica dei paesi europei, sulle disuguaglianze retributive, l’Italia occupa la seconda posizione alle spalle della Gran Bretagna.
Si può fare qualcosa? Penso di si! Il premio nobel Stiglitz ha evidenziato come “Il governo ha il potere di spostare il denaro dall’alto verso il basso e il centro, o viceversa”, poichè” sebbene le forze del mercato contribuiscano a definire il grado di disuguaglianza di una società , sono le politiche governative a plasmare le forze di mercato. Una minore presenza dello Stato nell’economia è coincisa con l’aumento della povertà e delle disuguaglianze. Ritornare ad uno Stato imprenditore? Perchè no. Uno “Stato imprenditore” in settori nuovi e strategici: turismo, cultura, beni culturali, ricerca scientifica, “trasporto green”. Uno Stato capace di investire nella creatività e nelle competenze dei giovani con l’obiettivo di creare migliaia di posti di lavoro di qualità e stimolare la cooperazione nei territori. Un piano di investimenti, con risorse prese da “settori congelabili”, come le spese militari, le pensioni e gli stipendi d’oro e le spese della politica. Bisogna ripensare l’Italia, come un grande Paese con un alto livello della qualità della vita, del benessere diffuso. Per uscire dallo stallo economico bisogna avere come obiettivo la redistribuzione della ricchezza, con una più equa pressione fiscale, con un welfare state forte, e investire in quei settori chiave dello sviluppo economico.
Ha ragione Santoro quando dice che noi italiani non siamo furbi, come proviamo a far credere, ma fessi! Lasciamo crollare i monumenti e il governo investe appena 92 milioni di euro per i beni culturali, il costo di un F35.
Antonio Tedesco
