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Le parole d’autore di Nenni: “la politica della porta sbarrata”

– di Francesca Vian –

LA POLITICA DELLA PORTA SBARRATA

Crisi, dunque, aggravata dalla legislazione commerciale, dalla politica della porta sbarrata praticata da tanti Stati, dal pullulare di piccoli Staterelli che la riconquistata libertà politica, non hanno saputo concepire disgiunta dalla creazione di nuove barriere doganali” (Pietro Nenni, Avanti!, 1 ottobre 1921, pagina 1).

Quando Nenni approda in Francia come corrispondente dell’Avanti! nel 1921, il mondo è in preda a una gravissima crisi economica. La politica postbellica non fa che aggravare la situazione.

Uno dei punti dolenti contestati dal giovane Pietro Nenni, socialista da pochi giorni, è la politica commerciale, inceppata in mille barriere: la circolazione è in panne perché gli Stati hanno di fatto sbarrato la porta d’ingresso alle merci provenienti dagli altri stati. Le barriere doganali e gli intralci al commercio sono dunque la politica della porta sbarrata, che affligge economicamente i paesi d’Europa, portata avanti sia dai piccoli stati sorti dopo la Conferenza della pace, sia dai colossi economici. Nenni costruisce la formula “la politica della porta sbarrata” come il rovescio della medaglia di “la politica della porta aperta”, famosa locuzione internazionale, di cui parleremo fra qualche settimana.

“L’America ha creduto di potersi isolare dal mondo, ma non si è così salvata dalla crisi economica. L’oro non si mangia”. (Avanti!, 16 maggio 1922, pagina 6).

I piccoli stati, volenti o nolenti, sottostanno: “Che la Intesa vada in malora; questo non può essere che nei desideri dei neutri e dei piccoli Stati i quali, in questi ultimi otto anni hanno subito il giogo e il giuoco delle grandi Potenze” (Avanti!, 9 maggio 1922).

La bestialità del regime doganale istituito subito dopo la guerra” (Avanti!, 15 aprile 1922) induce a una scelta: o “l’Europa economicamente spezzettata e divisa da innumerevoli barriere doganali che paralizzano il lavoro ed i commerci: oppure una intelligente solidarietà europea e mondiale, che non può avere base che in una equa distribuzione di materie prime e nella fine delle egemonie economiche e militari che si sono stabilite sull’Europa e sul mondo” (Avanti! 4 aprile 1922). E’ interessante l’uso di “su” in “sull’Europa e sul mondo”, che sta proprio per “sopra”. E’ una politica che calpesta, insomma, gli interessi del mondo.

Naturalmente le conseguenze di una economia inceppata non possono che ricadere sul popolo lavoratore. Data la terribile crisi, i padroni vogliono ridurre i salari. I tessili del Nord della Francia sostengono ad oltranza uno sciopero durissimo. “Da tutte le zone dello sciopero continua l’esodo dei bimbi, molti dei quali sono stati amorevolmente accolti a Parigi”, scrive Nenni, ripensando forse anche alla sua stessa esperienza di vita, allontanato dalla mamma per povertà (Avanti!, 8 ottobre 1921; nella foto uno sciopero in Svizzera dello stesso anno).

La sua analisi dello sciopero dice tutto sul dramma europeo: “Le industrie non sono più prospere come nel 1919, i commerci sono scarsi, le esportazioni difficili.” Diminuire i salari non è dunque il “tocca-sana per i malanni della produzione”. “Ma la spiegazione di questa fenomenale situazione, pressoché inconcepibile dato il fabbisogno enorme di prodotti di ogni genere, è ben facile. La produzione e lo scambio non saranno restaurati che in un regime di pace. (…) il Trattato di Versailles sembra basato sul principio assurdo e criminoso che ogni stato costituisca una unità a se stante, indipendente dal resto del mondo. Ora se ciò può essere vero (non dico che sia) etnicamente, geograficamente, politicamente, è assurdo economicamente. Come ogni individuo è legato alla società cioè alla collettività, così ogni Stato è economicamente inter-dipendente dagli altri Stati, quale si sia la sua prosperità. Cinque anni di guerra avevano già sconvolte, fino alle fondamenta, le leggi della produzione. Il Trattato di Versailles che doveva riparare i mali della guerra, li ha aggravati. (…) 800.000 uomini sono tenuti sotto le armi (…) Soltanto l’occupazione della Renania è costata fino al primo maggio ultimo cinque miliardi e le spese scorrono ogni giorno. Le spese militari assorbono in Europa 28 miliardi all’anno… le industrie sono in crisi? Ma sfido io. (…) Di fronte a fatti come questi chi oserà sostenere che la causa della crisi è nei salari degli operai? (Pietro Nenni, L’assalto padronale contro i salari. Le ragioni della crisi industriale, Avanti! 1 ottobre 1921, pagina 1).

“Sbarrata” deriva da barra: nel latino parlato in epoca preromana, la “b?rra(m)” era “di argilla o di fango”, proprio come il fondamento di questa politica che affama le genti, ma ai tempi di Nenni la “barra” apposta sulla porta delle nazioni, era già una “asta metallica piena, specialmente a sezione cilindrica”. Il prossimo appuntamento è con un altro arnese metallico, architettato per dilacerare i destini dei popoli, il reticolato.                 francescavian@gmail.com

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