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L’anticipo pensionistico? Una punizione a rate

-di ANTONIO MAGLIE-

Il sottosegretario alla presidenza del consiglio, il bocconiano (al pari di Mario Monti) Tommaso Nannicini, ha offerto nuovi chiarimenti a proposito del famoso anticipo pensionistico. Chiarimenti, a dir la verità, inutili perché la sostanza della questione era chiara a tutti: non ci voleva un veggente per capire che la famosa Ape più che un premio per chi è già stato penalizzato dalla riforma Fornero, sarà una punizione aggiuntiva. A dir la verità, più il sottosegretario parla e più aumentano i dubbi sul meccanismo che il governo sembra intenzionato a proporre. La sostanza è semplice. Se vai in pensione con un anno di anticipo paghi 50-60 euro l’anno su mille euro di pensione; se l’anticipo è di tre anni si sale a duecento euro. Ovviamente al mese, per vent’anni:come comprarsi una seconda casa.

Al momento una sola cosa è certa: questa bella trovata sarà un ottimo affare per le banche (che non riscuotono certo larghi consensi in Italia dopo le vicende in cui alcune di loro sono rimaste invischiate) e per le assicurazioni che dovranno coprire le spalle alle banche assicurando, non gratuitamente, il rischio di un “decesso”, questo sì veramente anticipato, del “mutuatario” rispetto ai vent’anni di rateizzazione presi come punto di riferimento. Detto con chiarezza: una macroscopica ingiustizia. A cui bisogna aggiungere le preoccupazioni sull’uso che un meccanismo del genere potrà essere fatto da qualche aziende, delle forzature che potranno essere tentate, delle pressioni che potrebbero essere fatte sui lavoratori più anziani per indurli ad andare anticipatamente via, chiaramente a proprie spese. Per definire il gusto di una soluzione del genere, Totò aveva un solo termine: una ciofeca.

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