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Legge elettorale: ecco il festival dell’egoismo

-di ANTONIO MAGLIE-

Il 7 febbraio comincerà a Sanremo il festival della canzone italiana. Oggi, 25 marzo, in Parlamento è cominciato il festival dell’egoismo italiano. Vi partecipano tutti i leader dell’attuale fase politica e i vari luogotenenti. Lo spartito è stato fornito dalla Consulta che dichiarando incostituzionale una parte dell’Italicum (il ballottaggio, cioè l’aspetto centrale del provvedimento), ha aperto la contesa dialettica. Alla fine quel che è emerso con chiarezza è, appunto, l’egoismo di bottega. Con i diversi leader alla ricerca del posizionamento migliore tanto relativamente alla date delle possibili elezioni anticipate, quanto ai meccanismi che la nuova legge dovrà definire a partire, in ogni caso, dal provvedimento uscito dalla Consulta che è immediatamente applicabile.

In questo dibattito si segnala un grande assente: l’interesse collettivo. In un Paese che vive nel clima di una continua transizione, sarebbe utile fissare dei punti fermi, a cominciare da una legge elettorale che dovrebbe essere quasi un’architrave istituzionale e che, al contrario, è stata rimaneggiata nell’ultimo ventennio in continuazione come se fosse una giacca da adattare alle misure del suo proprietario.

La Seconda Repubblica voleva semplificare il sistema dei partiti ma, al contrario, non ne abbiamo mai avuti tanti. Voleva mettere al riparo le legislature dalle interruzioni anticipate e invece adesso il dibattito è tutto incentrato sui tempi del suicidio di quella in corso. Doveva garantire stabilità e l’Italia non è apparsa mai tanto instabile come in questo ultimo ventennio pur avendo mandato a Palazzo Chigi un minor numero di presidenti del consiglio.

Su un dato la politica dovrebbe riflettere. La legge elettorale varata alla fine della guerra con piccole variazioni è arrivata sino al 1993, quarantasei anni di vita più o meno gloriosa o più o meno grama. Nei ventiquattro successivi abbiamo avuto due leggi elettorali (Mattarellum e Porcellum) entrate effettivamente in vigore, altre due dichiarate incostituzionali (Porcellum e Italicum), una quarta che adesso, seguendo l’indicazione della Consulta, potrebbe tranquillamente essere utilizzata a cui potrebbe far seguito una quinta. Sinceramente un po’ troppo.

Questo affollamento dovrebbe indurre i partiti a fare l’unica cosa sensata possibile: mettersi intorno a un tavolo per costruire un meccanismo elettorale coerente, capace di reggere ai tempi, alle mode e alle contingenti maggioranze. Ma per fare questo dovrebbero mettere da parte i rispettivi egoismi, dunque rinnegare quella che oggi appare la loro più profonda indole: inseguire il profitto elettorale tenendosi a distanza dall’interesse di tutti.

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