Site icon

25 aprile: il balletto romano che svilisce la memoria

-di ANTONIO MAGLIE-

L’Italia ha da sempre un problema: non essere mai riuscita a trasformare l’unica grande festa laica, il 25 aprile, in una festa di tutto il Paese, in un momento di memoria condiviso. All’inizio, come sosteneva Ferruccio Parri, c’era quella linea di frattura storica rappresentata dal ricordo della guerra civile e, come sottolineò Claudio Pavone, dalle diverse interpretazioni (o dalle diverse valenze) che accompagnarono la lotta di liberazione (la teoria delle tre guerre, ognuna delle quali corrispondeva a una posizione politica). Il guaio è che scomparsi i vecchi partiti (almeno nella forma ma non nella sostanza, evidentemente) quell’impossibilità a fare del 25 aprile ciò che per i francesi è il 14 luglio è rimasta: prima a causa della logica del maggioritario che obbligava chi associava al governo gli ex missini a ridimensionare la potata della celebrazione perché dall’altra parte c’era una incongrua (e immotivata) spinta a rivalutare storicamente i caduti della Repubblica Sociale (che pure avevano combattuto al fianco degli occupanti), adesso per l’ uso strumentale di una celebrazione che, invece, dovrebbe essere preservata e tenuta al di sopra delle mediocri polemiche di bottega.

Martedì prossimo alla manifestazione romana organizzata dall’Anpi (associazione che dovrebbe curare la memoria collocandosi al di sopra delle passioni contingenti) non parteciperà la brigata ebraica a causa della presenza della delegazione palestinese. Il Pd, attraverso il suo commissario romano, Matteo Orfini prende la palla al balzo e togliendosi un sassolino che è lì, nella scarpa, dai tempi del referendum costituzionale, annuncia che non sarà presente perché questa celebrazione divide.

Oggettivamente un pessimo spettacolo a cui tutti danno un contributo negativo. Sbaglia l’Anpi a non coltivare la memoria del ruolo che ebbe la brigata ebraica nella guerra e, soprattutto, a dimenticare che la comunità ebraica romana è la più antica d’Europa e che pagò alle leggi razziali e all’occupazione nazista un prezzo altissimo. Se c’è una rappresentanza che non può mancare il 25 aprile, questa rappresentanza è quella della comunità ebraica.

Ma sbaglia anche Orfini che è il rappresentante di un partito che in occasione del referendum prima ha provato a dividere l’Anpi tra buoni (chi votava sì) e cattivi (chi votava no); poi, per una forma villana di ritorsione, ha messo l’associazione fuori dalle feste dell’Unità per ritornare sui propri passi una volta travolto dallo sdegno. Indubbiamente l’Anpi non fece all’epoca una scelta ecumenica tenendo il suo nome al di sopra delle parti (come pure sarebbe stato opportuno) ma non può essere il 25 aprile l’occasione per regolare vecchi conti che con la Liberazione nulla hanno a che fare. Un partito che si senta veramente e degnamente erede di quella storia, avrebbe dovuto al contrario lavorare per trovare una via d’uscita, per evitare uno strappo che riguarda la memoria in un paese di smemorati e, per giunta, sempre più povero di valori ideali e morali.

Exit mobile version