Prima le voci provenienti dalla Germania, poi un’intervista del governatore della Bundesbank, Jens Weidmann: Berlino si candida alla guida della Bce. Anzi candida alla guida il suo “falchetto”, il degno figlio del ministro dell’economia, Wolfgang Schaeuble. Parlando con il Der Standard l’uomo che in questi anni non è che abbia mostrato particolari simpatie nei confronti di alcuni paesi dell’Unione, in particolare nei confronti del paesi del Mediterraneo e, ancor più in particolare dell’Italia, fornendo dell’integrazione una versione estremamente “nazionalistica” (nel senso di salvaguardia degli interessi tedeschi ai quali gli altri si devono solo adeguare), ha spiegato che il prossimo presidente non potrà essere scelto sulla base della nazionalità ma solo su quelle delle capacità. Il fatto è che uno come lui è chiaramente identificabile con quelle politiche che in questi anni hanno prodotto povertà per molti e ricchezza per pochi. Lui è l’effige dell’Europa cinica dei banchieri e delle banche. La sua nomina sarebbe il “de profundis” per le speranze di un’Europa capace di riscoprire le sue radici sociali. La sua nomina sarebbe efficacissimo concime per i populismi e accelererebbe la disintegrazione del progetto nato alla fine della guerra. La sua nomina confermerebbe un’idea di integrazione inaccettabile: un’ Europa tedesca piuttosto che una Germania europea. E già in altri casi questi progetti egemonici hanno prodotto tragici risultati nel nostro continente.
