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La sinistra e il problema della giustizia sociale

giustizia sociale

di Davide Passamonti

In Italia, la qualità del dibattito politico è calata considerevolmente negli ultimi decenni diventando una sorta di “gioco alle promesse”. Utilizzando i sempre più vari mezzi di comunicazione e rispondendo alla volontà di rappresentare “tutto e tutti”, in una sorta di bulimia elettorale, la classe politica parla per slogan. I partiti tradizionali si sono trasformati in “partiti piglia tutto”, snaturando i propri valori costitutivi. Il tutto, per rappresentare tutte le fasce sociali; di fatto così non rappresentando più nessuno. La politica, così, non risponde più a criteri di qualità ma di quantità. Infine, i vari slogan possono essere ricondotti ad un singolo slogan: «meriti e bisogni».

Se in linea di principio tale messaggio assume una valenza evidente, diventa una scatola vuota quando non si ha la volontà di “pesare” gli uni e gli altri.

Ormai, tutti i governi inseguono una società che sia allo stesso tempo «meritocratica e equa, solidale ed efficiente» senza aver chiara una strategia che concretizzi in politiche tali indefiniti obiettivi.

«Quando si adottano obiettivi così vaghi, si finisce per ripiegare fatalmente sulla soluzione “opportunistica”, che suggerisce di non adottare criteri espliciti di scelta, ma di effettuare le scelte caso per caso, secondo la contingenza»[1]. Così facendo, vediamo che i governi adottano politiche – “oggi a favore dei lavoratori, oggi a favore delle imprese” – nella confusione più totale, problema per problema, senza pianificare e coordinare le scelte di breve periodo con piani o programmi (sviluppati ex-ante) di lungo periodo. Ne consegue una “non visione” della società di domani.

La giustizia sociale come “mix” di eguaglianza e efficienza

Governare “opportunisticamente” significa, in pratica, lasciare la decisione finale ai gruppi sociali che hanno maggiore forza contrattuale o alle burocrazie dei vari settori; insomma: “non disturbando il manovratore”.

Dal punto di vista della destra politica ciò può non essere un problema politico; i consensi elettorali sono un indizio in tal senso. Per la sinistra, invece, il problema della giustizia sociale è centrale e prioritario; e la mancanza di giustizia sociale si ripercuote anche nei consensi elettorali.

La funzione sociale della sinistra dovrebbe essere quella di contrastare e opporsi alla sregolatezza governativa vigente, che assume tratti autoritari in certe scelte, «per riaffermare la responsabilità democratica della società nello stabilire regole certe di convivenza»[2]. Infatti, eguaglianza ed efficienza non sono incompatibili. Nella società si formano zone di consenso, più o meno ampio, a seconda della misura in cui si perseguono simultaneamente. Allora, il compito della sinistra è di proporre esplicitamente quelle regole come norme etiche e progettuali; affidandole al dibattito e confronto politico.

La giustizia sociale concepita come “mix” di eguaglianza e efficienza si realizza attraverso un programma che può esser definito di equa diseguaglianza[3]; cioè: parità dei diritti civili, garanzia della protezione sociale, limitazione delle diseguaglianze economiche.

Il programma di equa diseguaglianza

Compito di una sinistra «socialista liberale» moderna è quello di perseguire questo programma. Traducendo, cioè, nella pratica politica la sua regola di giustizia sociale. Così facendo si «rende manifesta la misura in cui la sinistra pensa che i meriti possano essere compensati e che i bisogni debbano essere soddisfatti in termini economici. La fascia dell’equa diseguaglianza deve essere sufficientemente ampia da consentire un’adeguata incentivazione economica allo spirito di iniziativa, all’intrapresa manageriale, alla ricerca del benessere materiale»[5].

La credibilità di un programma di giustizia sociale come quello proposto deve tradursi in pratiche politiche razionali esplicitate e concertate democraticamente. Inoltre, devono dimostrarsi capaci di orientare “programmaticamente” il sistema economico e sociale nella direzione della riduzione delle diseguaglianze più rilevanti.

 

[1]      Ruffolo G. (1985), La qualità sociale. Le vie dello sviluppo, Bari, Laterza.

[2]      Ruffolo 1985.

[3]      Ruffolo 1985.

[4]      Ruffolo 1985.

[5]      Ruffolo 1985.

 

N°127 del 09/06/2023

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