-di RITA BORELLI-
“Son lo spirito che nega sempre tutto: l’astro, il fior… il mio ghigno e la mia bega turban gli ozi al Creator”. Mefistofele di Arrigo Boito, ispirata al Faust di Goethe, è un dramma epico che esplora le profondità della condizione umana. La sua potente colonna sonora guida attraverso le sfide esistenziali del protagonista Faust, mentre la diabolica presenza di Mefistofele incarna la tentazione e la corruzione, offrendo uno sguardo sulla lotta umana tra il bene e il male. È un capolavoro in cui si fonde la potenza emotiva della musica e la trama complicata dei protagonisti. Una storia che consente di approfondire temi universali, quali la tentazione e la redenzione.
Assistiamo alla scommessa tra Dio e Mefistofele, e cioè che questi riuscirà a sedurre l’anima di Faust, un dottore in cerca di conoscenza e piaceri terreni. Faust acconsente di vendere la sua anima al diavolo in cambio di vivere una vita ricca di piaceri, lussuria e soddisfazioni. Accecato dalle promesse di Mefistofele, non si accorge dei suoi raggiri neppure quando incontra Margherita – una giovane donna ingenua e pura – con la quale intraprende una relazione d’amore appassionata. Margherita rimane incinta e Faust – influenzato dal demonio –, non la sostiene, e Margherita, ormai compromessa e disonorata, uccide il suo bambino appena nato e, disperata, muore di dolore. Faust ormai disincantato dagli inganni di Mefistofele cerca di redimersi. L’epilogo è tragico, perché vede la redenzione di Faust ai danni di un Mefistofele che ormai sconfitto torna negli inferi. L’opera cerca di esaminare la dicotomia tra conoscenza e perdizione, desiderio terreno e redenzione, in una visione suggestiva e tragica della condizione umana.
Ma cosa è rimasto del Mefistofele di Boito nella regia di Simon Stone diretta da Michele Mariotti con la quale l’Opera di Roma ha aperto la stagione 2023/24? Nulla purtroppo. Una visione esageratamente umana e troppo poco spirituale. Il moderno personaggio del Mefistofele di Stone non è il classico demone tentatore, cinico e insensibile, ma piuttosto un individuo incline all’alcol, alla concupiscenza e al sangue. Faust viene rappresentato invece come un uomo debole che si lascia raggirare dal suo seduttore senza opporsi e che si abbandona ai piaceri terreni. I personaggi indossano abiti moderni, come tute argentee e all’occorrenza giacche, camicie e cravatte, distanti dall’abbigliamento dell’epoca in cui Boito compose l’opera.
Pur comprendendo l’intento di rendere il melodramma più contemporaneo (perché?), è evidente come questa costante attualizzazione ne comprometta l’autenticità e la contestualità storica. Credo pertanto di poter affermare che mantenere l’essenza originale di un’opera è fondamentale per apprezzarne appieno il significato. Spesso si notano distanze siderali tra il testo cantato – che specifica un luogo -, e l’attualizzazione che ne trasferisce l’azione in un ambiente totalmente diverso. Un divario che influenza la comprensione, poiché la coerenza tra testo e contesto è essenziale per apprezzare la trama originale. Anche il finale proposto da Stone è lontano da quello dell’opera primigenia. Vediamo un Faust su una carrozzina all’interno di un nosocomio ormai alla fine dei suoi giorni, che pentito degli orrori commessi ritrova la fede e quindi la salvezza della sua anima.
John Relyea (Mefistofele) ha eseguito con precisione e ottime qualità vocali i bassi. Tuttavia, la mancanza di presenza scenica ha limitato l’impatto emotivo della sua performance, impedendogli di brillare sul palco. Joshua Guerrero (Faust) nella sua esecuzione ha mancato l’opportunità di distinguersi. La sua interpretazione è sembrata mancare di audacia e degli elementi distintivi che lo avrebbero fatto risplendere. Ottima l’interpretazione del soprano Elena Maria Agresta. Voce cristallina e potente, capace di esprimere emozioni con una gamma dinamica e sorprendente.
L’impronta della direzione di Mariotti ha dato particolare risalto al Coro e all’Orchestra, le quali hanno sovrastato con una potente esecuzione musicale l’intera opera, superando in qualche modo l’equilibrio che avrebbe invece dovuto esserci tra voci e strumenti. È sembrato quasi che Mariotti con la sua direzione abbia intesomitigare una mancanza di regia e di interpretazione. Molto bella l’ouverture. Ma poi per tutta la durata dell’opera si sono rivelati troppo forti le percussioni e gli acuti del Coro.
Concludendo: questa esagerata modernizzazione di Mefistofele ha distorto la sua essenza, compromettendo la profondità e l’integrità dell’opera stessa a scapito della sua timeless elegance.
Musica di Arrigo Boito
Opera in un prologo, quattro atti e un epilogo
Libretto di Arrigo Boito dal Faust di Goethe
Prima rappresentazione assoluta Teatro alla Scala di Milano, 5 marzo 1868
Prima rappresentazione al Teatro Costanzi, 29 ottobre 1887
Durata: Atto I (60′) – intervallo (30′) -Atto II (35′) – intervallo (30′) – Atto III (60′)
Direttore
Michele Mariotti
regia
Simon Stone
MAESTRO DEL CORO Ciro Visco
SCENE E COSTUMI Mel Page
LUCI James Farncombe
PERSONAGGI E INTERPRETI PRINCIPALI
Mefistofele John Relyea / Jerzy Butryn 29 novembre, 3 dicembre
Faust Joshua Guerrero / Anthony Ciaramitaro 29 novembre, 3 dicembre
Margherita / Elena Maria Agresta / Valeria Sepe 29 novembre, 3 dicembre
Marta / Pantalis Sofia Koberidze
Wagner Marco Miglietta
Nereo Leonardo Trinciarelli / Yoosang Yoon 29 novembre, 2, 5 dicembre
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione del Coro di Voci Bianche del Teatro dell’Opera di Roma
Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma
in coproduzione con Teatro Real di Madrid

