Una pagina di cronaca di Pietro Nenni

– a cura di FRANCESCA VIAN –

Una pagina di cronaca di Pietro Nenni diventa una riflessione sulla pena di morte. Davanti alla macchina della ghigliottina eretta contro la porta del carcere di Versailles, in una notte stellata di febbraio, Nenni descrive l’esecuzione del criminale francese Landru. Pietro Nenni è giornalista corrispondente da Parigi nel 1922. Segue per l’Avanti! il processo Landru,  accusato dell’omicidio di 10 donne e un ragazzo, mai più ritrovati. Fu ghigliottinato il 25 febbraio 1922. 

Landru ghigliottinato dopo avere affermato la propria innocenza Pietro Nenni L’Avanti! 26 febbraio 1922 

La notizia che il presidente della repubblica aveva respinto il ricorso di grazia di Landru, e che la sentenza di morte sarebbe stata eseguita questa mattina all’alba, era conosciuta ieri sera soltanto dai giornalisti. Così, quando all’una, con alcuni colleghi, prendo l’ultimo treno per Versailles, poca gente conosce la notizia. Però, qualche “divette” di caffè concerto, qualche “divette” di cinematografo si avventura verso la vecchia città dei re, attratta sadicamente dallo spettacolo della morte.

Anche a Versailles poca gente si attarda per le vie. Nell’unico caffè in faccia al carcere che resta aperto, si accalcano un centinaio di giornalisti. Si rievocano le fasi del celebre processo, si azzardano ipotesi e previsioni sul contegno del condannato all’ultimo momento. In generale, tutti sono sorpresi che la grazia sia stata negata.

La notte è stellata, limpida, direi quasi primaverile. Alle 3 la truppa a piedi e a cavallo tira i cordoni, che non si attraversano senza il lasciapassare del procuratore della repubblica di Versailles. A tratti, la porta del carcere si apre e si vedono delle ombre vagare per i corridoi. Sono carcerieri che ungono i cardini delle porte per evitare ogni rumore. La civiltà conosce di queste delicatezze pel sonno di un uomo che essa si apparecchia ad assassinare legalmente.

Un carceriere mi racconta che il detenuto ha passato l’ultima notte agitatissimo. Solo quando la luce chiara del giorno penetra nella cella, egli riacquista una totale padronanza di sé e quell’aria sardonica che non ha mai abbandonato da che è tra le mani della giustizia.

Alle 4, a trotto leggero, per via Giorgio Clemenceau, arriva il furgone di Deibler. Il boia scende e, con i suoi aiutanti, alla luce vacillante di due lanterne, monta la macchina fatale. Tre quarti d’ora dopo la ghigliottina è pronta e nel livido mattino eleva la sua macabra “silhouette” in faccia alla porta del carcere.

Cominciano ad arrivare le autorità, c’è il procuratore che sostenne l’accusa, c’è il difensore avv. Moro Giafferi, c’è il prete. Un omino con una busta a tracolla entra nel carcere: è il barbiere che farà l’ultima “toilette” al condannato.

Lentamente le stelle scompaiono e attorno alla macchina sinistra si stringe il quadrato degli agenti e dei giornalisti.

L’inquietudine invade tutti. Alle 5.45 un funzionario viene a dire che tutto è pronto. E’ il momento in cui le autorità entrano nella cella.

Landru dorme. Il sostituto procuratore generale Begnie lo sveglia e gli annunzia che il suo ricorso in grazia è stato respinto.

– Coraggio, Landru! – aggiunge.

– Ne avrò – risponde il condannato.

– L’innocente ha sempre del coraggio.

Landru si veste in fretta. Straccia qualche carta, rifiuta di ascoltare la messa e ringrazia il suo avvocato.

– Sono pronto – dice, voltandosi verso il procuratore.

Questi gli rivolge la domanda d’uso: Avete delle dichiarazioni da fare?

– La domanda mi offende! – risponde Landru.

– Sono innocente! Ma che giova, ormai parlare, dal momento che non sono già più nel numero dei viventi?

Rifiuta la sigaretta e il bicchierino di cognac tradizionali e scende col carceriere. Deibler lo attende. Gli aiutanti tagliano al condannato il bavero della camicia. Le mani del prigioniero sono legate dietro la schiena. Egli si avanza sorretto sotto le ascelle dagli aiutanti del boia. La porta romana del carcere spalanca i suoi battenti. Si ode la voce del cappellano mormorare nel silenzio: “Coraggio!”.

Landru è di fronte alla ghigliottina. Nella chiara luce del mattino, la sua figura tozza si disegna nitidamente. Il volto è bianco come la camicia. Gli occhi – che la leggenda vuole che avessero un potere magnetico – sono straordinariamente spalancati. La testa è eretta. Un attimo appena di esitazione, e poi gli aiutanti lo sospingono sulla bascule. Il corpo cade pesantemente in avanti. Deibler fa scattare la macchina e, con un rumore sordo, la lunette cade sul collo di Landru. Uno spruzzo di sangue. E’ finita.

“Giustizia è fatta” – diranno gli uomini della legge. C’è un motto di Victor Hugo che il difensore di Ladru ricordava questa mattina: “Un giudizio irreparabile presuppone dei giudici infallibili…”.

Erano infallibili i giudici della corte d’Assise di Versailles?

Era infallibile il presidente della repubblica, che ha respinto il ricordo in grazia presentato dagli stessi giurati unanimi?

Landru ha protestato, fino sulla soglia della ghigliottina, la propria innocenza. Il mistero che avvolge il suo caso straordinario può, è vero, lasciar dubbiosi circa questa proclamazione di innocenza. Quella sinistra macchina eretta contro la porta d’un carcere può essere il simbolo d’una sedicente civiltà che spinge la punizione fino al delitto.

 

francescavian

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