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Mettici la mano – recensione teatrale

mettici la mano

di Rita Borelli –

Nel buio di uno scantinato tre destini si intrecciano nel frastuono di un bombardamento unendo le loro storie in un intreccio di casualità e sopravvivenza. È questa la storia che de Giovanni racconta nella sua Mettici la mano, in scena dal 10 al 21 Gennaio al teatro Parioli, con Antonio Milo e Adriano Falivene.

Il racconto si snoda tra le strade di una  Napoli segnata dalla devastazione del nazifascismo e martoriata dalle incursioni delle forze alleate. Ha come protagonisti due dei volti più coloriti e amati della saga dei romanzi Il commissario Ricciardi: il brigadiere Maione ed il femminiello Bambinella. I due, per una volta, raccontano apertamente sul palcoscenico un evento della loro vita, sempre con il rigore della sua divisa (il brigadiere Maione) e con la leggerezza della sua femminilità travestita (Bambinella). Entrambi incarnano le “maschere” di un’umanità che cerca di resistere ai disagi e ai dolori dell’esistenza, nel periodo contrassegnato dal caos e dalla distruzione di una guerra. Tra queste macerie emergono vicende di coraggio, umanità e speranza. Maione e Bambinella offrono una prospettiva unica sulla tenacia di un popolo e sulla forza dell’amicizia, della comprensione e della fratellanza in uno scenario di devastazione.

In questo cupo e polveroso scantinato, c’è anche Melina: una giovane ragazza consegnatasi alle forze dell’ordine per essere trasferita in carcere, rea confessa di avere sgozzato il Marchese di Roccafusca.

I tre si ritrovano in questo luogo per salvarsi da un imminente  bombardamento.  Tra le pareti umide troneggia anche la statua di una Madonna Addolorata. La paura per una possibile morte sono il catalizzatore di loro confessioni. La presenza silenziosa dell’effige sacra, diventa il rifugio della loro anima e assurge a faro di consolazione in un contesto di disperazione, tanto da far riscoprire il potere della fede e tessere un legame impensato tra i tre sventurati. Ed ecco emergere le loro miserie, i dolori più intimi, le riflessioni amare sulla vita nel racconto di un’umanità che vive nell’angoscia e nel dolore. Lo scantinato diviene così un palcoscenico di storie tragiche che avranno come epilogo la condivisione del dolore e la considerazione che quanto avvenuto fa parte di un succedersi di eventi segnato da esperienze devastanti che hanno plasmato nel profondo la percezione e le reazioni delle persone.

Molto bravi i protagonisti Antonio Milo e Adriano Falivene. Soprattutto Falivene si è distinto per l’interpretazione di Bambinella, dando al personaggio una ricchezza e una leggerezza straordinarie. La sua abilità nell’infondere spessore emotivo alla performance ha contribuito in modo significativo alla riuscita dello spettacolo, trasmettendo profonda e per niente artificiosa autenticità. Falivene si è dimostrato bravo nel saper bilanciare emozioni intense e toccanti con tocchi di leggerezza. La sua abilità espressiva ha reso palpabile ogni sfumatura di una storia che, seppure intrisa di dolore e sofferenza, è comunque riuscita a far sorridere. Lodevole è stata anche l’interpretazione di Antonio Milo, il quale si è integrato con raffinatezza, eleganza e discrezione nella sua parte, riuscendo ad infondere i giusti toni di colore e leggerezza alla narrazione tragicamente intensa. Non particolarmente ricca di sfumature la recitazione di Elisabetta Mirra (Melina), pur interpretando un personaggio le cui vicende di violenze e soprusi subiti per anni da parte del Marchese di Roccafusca le avrebbero consentito una varietà di coloriture recitative. Tuttavia nell’insieme ha contribuito alla riuscita della rappresentazione, sebbene in modo non incisivo.

La scenografia di Toni di Pace è stata curata in modo attento, ricreando un’atmosfera con pareti scure segnate da una lunga guerra. La presenza di candele tremolanti alla base della statua della Madonna hanno creato un bagliore intermittente, rivelando la penombra nella quale dei vecchi mobili abbandonati sono stati investiti per tutta la durata dello spettacolo. Unico collegamento col mondo esterno, dominato dal suono cupo dei bombardamenti e intriso di tensione e paura: delle scale alte e sbeccate, attraverso le quali i personaggi hanno trovato salvezza entrando e attraverso le quali sono usciti per tornare, a bombardamento finito, nel mondo come rinati in una nuova condizione di vita.

Bellissima la regia di Alessandro D’Alatri, da poco scomparso, che ha saputo rendere con leggerezza e rapidità il testo di de Giovanni. Un’eredità artistica che continuerà a brillare ad ogni “Chi è di scena”.

 

10 – 21 gennaio 2024

 

Teatro PARIOLI

METTICI LA MANO

Antonio Milo, Adriano Falivene, Elisabetta Mirra

di Maurizio de Giovanni

regia Alessandro D’Alatri

scene Toni di Pace costumi Alessandra Torella

musiche originali Marco Zurzolo

disegno luci Davide Sondelli

produzione Giampiero Mirra per Diana Or.l.s.

 

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