Giornata della memoria 2024 – con dedica a Enzo Sereni.

di Edoardo Crisafulli

Anche quest’anno gruppi di provocatori, sedicenti filo-palestinesi, hanno cercato di imbrattare la memoria della Shoah e della Resistenza contro il nazi-fascismo gridando slogan antisemiti e anti-israeliani. Perché proprio il 27 gennaio? Laura Boldrini, già Presidente della Camera, ha detto giustamente che è sbagliato manifestare per la Palestina il giorno in cui, ogni anno, ricordiamo la liberazione di Auschwitz ad opera dell’Armata rossa.  Qual è il cuore del problema? L’uso – manipolatorio e distorto – della storia. Intendiamoci: poiché, come ricordava Don Benedetto, tutta la storia è immersa nella contemporaneità (nessuno vive sulla Luna), allora è inevitabile che si ‘attualizzino’ le vicende passate, radicandole nel presente, unica dimensione in cui acquistano linfa vitale. Lo studio della storia è inoltre essenzialmente comparativo, così lo storico Carlo Ginzburg – figlio del mitico intellettuale antifascista Leone, massacrato dai nazisti a Regina Coeli nel 1944. È normale, insomma, che si facciano paragoni e si colgano analogie tra ieri e oggi. La battaglia delle Termopili è immortale per i libertari delle epoche successive, così pure lo sono la democrazia ateniese e la Roma repubblicana, realtà politiche che hanno ispirato il pensiero e l’azione di tanti leader e intellettuali moderni. E infatti va per la maggiore ciò che gli storici chiamano “uso pubblico della storia”, su cui consiglio l’acuto saggio di Stefano Pivato, Vuoti di memoria. Usi e abusi della storia nella vita pubblica italiana. Nei casi citati, peraltro, l’attualizzazione è sacrosanta: abbiamo bisogno di modelli ideali. È quindi comprensibile che si dica: “volete celebrare degnamente lo spirito della Resistenza? Ebbene, continuate a lottare per gli ideali che animarono Sandro Pertini, Primo Levi, Enzo Sereni e gli altri antifascisti”. Giustissimo, ma… – e qui casca l’asino – ci rimbalza addosso il problema della manipolazione. La politica democratica è un’attività nobile, innerva e trasfigura il nostro orizzonte, spesso però degenera in bieca ideologia. Uno stupendo sonetto scespiriano, il 94, cattura con un’immagine efficace la metamorfosi dell’idealismo, fiore profumato, nel suo opposto – l’odio ideologico: “i gigli marci emanano più fetore delle erbacce”.

Non se ne esce con una formula magica: il crinale fra passione politica e ideologia mortifera è scivoloso. Prendiamo il fascismo. Il saggio di Umberto Eco Il fascismo eterno scatenò un dibattito interessante. Il fascismo è solo una realtà storica irripetibile – il regime instaurato da Mussolini in Italia, da Hitler in Germania e da Franco in Spagna – oppure un grumo nero aleggerà sempre su di noi, fatto che ci impone di purificare le nostre società dalle tossine fascistoidi? C’è un archetipo politico-culturale, l’Ur-fascismo inossidabile? Queste domande ne sollevano una più problematica: possiamo presupporre l’esistenza della figura astorica o dell’ideal-tipo del fascista, una sorta di gene dominante in alcuni esseri umani? Eco propende per il sì: un certo tipo di psiche o personalità, fascista in potenza, è tenuta a freno solo dalle regole democratiche, ma è pronta a sbranare come un leone liberato dalla gabbia. Vi sono, qui, le premesse per una caccia alle streghe con tanto di rogo purificatore: dall’Ur-fascismo inossidabile (una sovrastruttura ideologica) si arriva in un attimo nel concetto di fascista mascherato, che è aberrante. Anche perché non sappiamo come agirebbe la persona qualunque in una dittatura: sarebbe un dissidente, un invasato pro regime, un delatore, un opportunista? Nessuno ha il potere – e il diritto – di smascherarlo, codesto fascista allo stato larvale. Nessuno conosce i criteri in base a cui si possa imbastire il processo (indiziario!) alla supposta maschera nera.

Eco si muove in un solco già tracciato. Già Pasolini aveva rivisitato in maniera disinvolta il ‘fascismo’, lo concettualizzava come un’essenza eterna, appunto, una nuvola di smog tossico di cui non riusciamo a liberarci: una Democrazia Cristiana avvinghiata al potere, e che propiziava una società dei consumi distruttrice di antiche tradizioni, era a suo avviso un nuovo fascismo, ancor più insidioso di quello storico. Perché, appunto, camuffato. La notizia positiva è che se il Male ci perseguita sotto vesti sempre diverse, noi, per contrastarlo, possiamo riportare in vita il Bene. Mutatis mutandis, i cieli sono illuminati da una Resistenza eterna, che si manifesta in momenti storici critici: la sinistra, nei turbolenti anni Sessanta, idealizzava i vietcong, reincarnazioni asiatiche dei nostri partigiani. Logico, no? I vietcong combattevano gli imperialisti americani… Ma chi può arrogarsi il potere magico di trasformare certi combattenti di oggi in avatar o cloni degli antifascisti in armi di ieri? La risposta è semplice, per chi ha la verità in tasca: chiamasi autoinvestitura. “Io rappresento l’ANPI o la vera sinistra, quella dura e pura, quindi solo io ho il diritto di affibbiare aureole o marchi di infamia”.  Impossibile ragionare con chi ha la testa infarcita di ideologia, che è la versione laica del dogmatismo religioso. L’intellettuale, quale che siano le sue opinioni, coltiva la ragione critica, è aperto al contraddittorio, vuole una disamina onesta della documentazione, delle fonti storiche.

Non ragionano così gli estremisti infusi dalla fiammella dello Spirito Santo. Tornando alla Giornata della memoria: costoro stigmatizzano Israele come la riedizione del potere coloniale degli schiavisti o dell’imperialismo crudele e cattivo dei nostri avi. Sì, parlo di quel Male Assoluto, frutto avvelenato del capitalismo, che il rivoluzionario Lenin bollava con parole di fuoco – mentre pianificava una strage, un’esecuzione sommaria o ne giustificava a livello teorico la necessità. Così siamo giunti alla follia: i miliziani che massacrano civili, inclusi bambini in fasce, e che combattono contro uno Stato democratico sarebbero gli eroi d’oggi, ovvero partigiani redivivi – la bandiera cambia, l’ideale è lo stesso. Chi è imbevuto di ideologia si avvale del buon vecchio sillogismo: posta l’indiscutibile premessa maggiore – Israele incarna l’ectoplasma maligno, quello colonial-imperialista –, tutto il resto segue logicamente. Basterebbe studiarsi la Resistenza italiana per smentire ogni analogia con il terrorismo: il Comitato di Liberazione Nazionale aveva una sua moralità e infatti poneva limiti invalicabili all’azione dei partigiani, non invocava un bagno di sangue purificatore, né vendette indiscriminate contro i civili tedeschi. La moralità della nostra Resistenza è assente nei sedicenti gruppi di liberazione che, dagli anni Sessanta, uccidono allegramente civili innocenti con metodi terroristici i più efferati. Uccidono senza batter ciglio, a caso, perché sono privi di quell’umanità che Sandro Pertini non perse mai, neppure nel culmine della battaglia più aspra contro il nemico peggiore: i nazifascisti.

Come usciamo, allora, dal ginepraio dell’attualizzazione del passato in chiave propagandistica, ideologica? Anzitutto: imponiamo ai nostri interlocutori un confronto serrato sui fatti accertati con ossessività martellante; le analogie fondate sui documenti vanno argomentate rigettando il mantra “è diverso” – quando agli estremisti conviene o piace, questo o quel comportamento “è uguale” anche se è osceno, immorale.  Una sola la via maestra: insistiamo sulle verità storiche che nessuno può mettere in discussione: a) la Giornata della memoria è dedicata alla liberazione di Auschwitz, che avvenne il 27 gennaio 1945; b) è dedicata a una guerra specifica di liberazione, quella dal nazifascismo, cui parteciparono, fra gli altri, il compagno e futuro scrittore Primo Levi — il simbolo infamante che portava al braccio era la stella di David. C) È dedicata altresì alla resistenza eroica dei combattenti degli Ghetto ebraico di Varsavia, ai quali è intitolato un kibbutz socialista in Israele – anch’essi esibivano la stella di David, con orgoglio. D) È dedicata infine alla Brigata ebraica che combatté i nazifascisti in Italia, a grave rischio e pericolo personale – sventolando la bandiera con la stella di David.

Enzo Sereni (Roma, 17 aprile 1905 – Dachau, 18 novembre 1944) era un sionista coraggioso e visionario; cofondatore di un kibbutz israeliano, credeva nella coesistenza fra arabi ed ebrei. Era giovane e, pur innamoratissimo della vita e della moglie, lasciò la vita tranquilla nella Palestina sotto mandato britannico, deciso a fare la sua parte contro il mostro nazista. Si fece paracadutare nell’Italia occupata, per unirsi ai compagni italiani della Resistenza. Catturato dai tedeschi, tu torturato barbaramente e poi ucciso nel lager di Dachau. Una figura straordinaria, Enzo Sereni. Lui sì che è un modello di partigiano e combattente per la libertà contro l’oppressione!  Nello stesso periodo in cui Enzo Sereni lottava per giustizia e libertà, il gran Muftì di Gerusalemme, Muhammed Amin al-Husayni, intratteneva rapporti cordiali, anzi amichevoli, con Hitler e con altri gerarchi nazisti. Li incoraggiava a sterminare gli ebrei. Il Gran Muftì, che non era certo isolato nella Palestina del tempo, agevolò il reclutamento di musulmani nelle Waffen-SS. Oggi, però, se la stella di David, emblema della Brigata ebraica, sventola in piazza il 27 gennaio o il 25 aprile, oltranzisti colmi di veleno e odio anti-occidentale, inveiscono, aggrediscono, insultano in nome di una ideologia, il terzomondismo, che ha venature antisemite!

Dall’ubriacatura ideologica si rinsavisce in un solo modo: lottando affinché il 19 gennaio e il 25 aprile 1945 siano ricordati con la più scrupolosa correttezza filologica. Tutto ciò che è successo dal 1948 in poi è un’altra storia. Nessun popolo ha il diritto di appropriarsi della nostra Resistenza in funzione anti israeliana o anti americana o anti NATO. Cari compagni smemorati, antisionisti per vezzo, lo Stato di Israele nacque anche con il voto dell’Unione Sovietica, che agli inizi aiutò militarmente gli ebrei aggrediti dagli eserciti arabi. Solo nei decenni seguenti in Russia ci sarà un ritorno di fiamma dell’antisemitismo e si arriverà alla rottura con Israele, talché, nel clima della Guerra Fredda, la parola “sionista” diverrà un marchio infamante nel mondo comunista.

 

 

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