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Italia: ieri come oggi, l’irresistibile tentazione del manganello

Polizia - manganelli

di Maurizio Fantoni Minnella

 

Il manganello sembra essere ormai diventato rimedio necessario alle intemperanze delle masse critiche che di volta in volta appaiono sulla scena politica italiana, una forma residuale di paternalismo, in realtà si qualifica sempre più come esercizio di potere e di brutalità fisica, con ovvi riferimenti simbolici al mito della virilità sessuale, e di dominio incondizionato su coloro che oggi a ben dire, ma in parte anche ieri, si potrebbero definire come i ”disarmati”, non solamente dalle sconfitte della storia con la esse maiuscola ma da una costante criminalizzazione preventiva dell’avversario politico, sia esso rappresentato da movimenti, lavoratori in sciopero, sindacati, pacifisti etc. Contenere e reprimere, ecco l’efficace binomio che da sempre guida le cosiddette forze dell’ordine “nel compimento del loro dovere”! Parole, queste, che pronunciate dal commissario di polizia superbamente interpretato da Gian Maria Volontè nel capolavoro di Elio Petri, Indagine su un cittadino al di là di ogni sospetto, 1970, assumevano i toni di un’astrazione tanto più mistica quanto feroce. Era l’Italia del manganello facile, mai rimossa dall’agire collettivo di stato, come si è visto recentemente con il pestaggio degli studenti a Pisa e Firenze che manifestavano contro il genocidio di Gaza (23 febbraio 2024). L’Italia di Mario Scelba (1901-1991), democristiano di solida fede anticomunista, il quale, divenuto nel 1947 Ministro degli Interni, inaugurò una politica repressiva, rafforzando le dotazioni e i poteri delle forze dell’ordine in materia di repressione, che più tardi culminò, durante le manifestazioni e nei cortei militanti, nel metodo di aggressione violenta colpendo con il manganello da dentro le camionette della Celere in corsa. Da qui il noto slogan studentesco: “celerino basco nero il tuo posto è al cimitero”.

In un libro ormai introvabile dal titolo Varese dal manganello alle bombe, 1975, il giornalista e storico della Resistenza Franco Giannantoni descriveva il passaggio dal manganello fascista del ventennio nero, rappresentato dal tipico squadrismo, alle trame altrettanto nere materializzatesi nel territorio prealpino che, pur di solida fede antifascista (molti gli episodi tragici di resistenza al fascismo, primo fra tutti la cosiddetta “battaglia del San Martino”, dove caddero numerosi partigiani per mano nazifascista!), diventò presto un crocevia di tentazioni eversive e golpiste, favorito anche dalla stretta vicinanza con la Svizzera, culminanti in seguito nella strage di piazzale Maspero (del 28 marzo 1974), dove perse la vita il fiorista Vittorio Brusa. Fu un gesto vile e intimidatorio, in linea con lo stragismo delle precedenti bombe sui treni o in piazza Fontana che fortunatamente non ebbe seguito nel territorio. Nel corso degli anni ’70, le “strisce” di Alfredo Chiappori su “Panorama”, pullulavano di sagome di poliziotti manganellatori.  Dunque, il manganello assunse una connotazione ben più feroce e convincente, strumento perfetto per alimentare la cosiddetta “strategia della tensione”. Eppure la tentazione del manganello si perpetuò come il modo più diretto di ottenere l’ordine nelle piazze; tuttavia questo durante gli anni settanta non fece altro che provocare anche dure reazioni da parte dei manifestanti, perlopiù appartenenti ai movimenti della cosiddetta sinistra extraparlamentare. In realtà la violenza di Stato si sostituiva a qualsiasi tentativo di ascoltare le ragioni delle opposizioni, della classe operaia e di quella studentesca. Una forma di espressione totalitaria che si esprimeva senza troppe contraddizioni all’interno del sistema parlamentare e democratico. Prova ne è che nell’ormai lontano 2001, durante il G8 di Genova, le forze dell’ordine, semper fidelis all’amato strumento di repressione, si resero colpevoli di un solo vero crimine, quella della repressione indiscriminata che allineò una dopo l’altra immagini di autentico orrore: dai pestaggi selvaggi di strada (quello, ad esempio, dei cinque poliziotti contro una giornalista straniera inerme), che in realtà in quei momenti stavano difendendo la proprietà privata ad oggi costo, prassi normale per ogni regime democratico o totalitario che abbia come primo scopo quello di difendere la proprietà, a quelli pianificati a freddo all’interno della scuola Diaz, dove si consumò un vero e proprio “squadrismo di stato”. Immagini shock che fecero il giro del mondo, suscitando tanta più indignazione, quanto in realtà non ebbero la giusta condanna morale, materiale e giuridica. Infatti, si dovette attendere quasi vent’anni per ottenere giustizia, ovvero, il riconoscimento ufficiale delle responsabilità delle forze dell’ordine nei pestaggi e nelle torture dentro la tristemente famosa caserma di Bolzaneto. “Riponete i tonfa (1), adesso” afferma con risolutezza il capo degli agenti di sicurezza, dopo il pestaggio alla scuola Diaz nel film Diaz- Don’t Clean Up This Blood, 2012, di Daniele Vicari, ma nell’aria carica di dolore e di odio si percepiva il desiderio di colpire, di colpire ancora per umiliare le proprie vittime, non importa se innocenti, o inermi, black bloc, o pacifisti erano la stessa cosa, ossia corpi a disposizione dei propri aguzzini. Se ieri, dunque, al G8, durante il governo Berlusconi, ci si doveva coprire il volto in strada per non essere sfregiati o per attutire il dolore, oggi, con il governo post-fascista di Giorgia Meloni, si scende in piazza per rivendicare il diritto di manifestare per i propri diritti!…nel mentre  il ministro Salvini avanza una proposta di legge che vieterebbe, se venisse approvata, qualsiasi manifestazione in difesa del popolo palestinese e di critica alle politiche israeliane!…E continuiamo a chiamarla democrazia!….

Note

  1. Tipo nuovo di manganello o sfollagente dotato di un manico corto e orizzontale. Originario del sud del Giappone e utilizzato prima nelle arti marziali e in seguito come utensile agricolo utile per girare la ruota di un mulino, si è trasformato in corredo essenziale della polizia americana come strumento di oppressione, e giunto successivamente anche in Italia, spesso utilizzato negli scontri dalla parte del manico più corto.
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