di Edoardo Crisafulli –
Un altro 25 aprile miserando, quello che stiamo per vivere, una stupenda ricorrenza che dovrebbe essere l’occasione gioiosa per rinverdire l’unità nazionale e invece… la Festa della Liberazione ancora una volta viene strattonata dalla destra revanscista, da un lato, e dalla sinistra arrogante e velleitaria, dall’altro. Assistiamo a un ridicolo tiro alla fune, a quasi ottant’anni dalla fine del regime fascista. Da una parte rilevo un peccato di omissione: lo commette chi non vuole pronunciare con orgoglio la parola antifascista; dall’altra mi irrita un peccato di orgoglio narcisistico, ne è colpevole colui che sale in cattedra per impartire lezioni di democrazia. Insomma: le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini, che lacerano l’Italia sin dal Medioevo, sono tornate in auge in questa tetra “Terza Repubblica”.
Anziché convergere verso una ricostruzione unitaria del Paese, impossibile senza una memoria e una ‘religione civile’ condivise, i faziosi si battono per escludere la squadra avversaria dall’orizzonte patrio. In sintesi due pseudo narrazioni si contendono il terreno, palmo a palmo: veri patrioti qua (noi, la destra) e antifascisti anti italiani là (voi, la sinistra); antifascisti qua (noi, la sinistra) e falsi democratici là (voi, la destra). Eppure, lo affermano gli stessi duellanti in questa patetica disfida all’ultima idiozia, il terreno unitario dell’identità italiana c’è dal mese di dicembre del 1947 o, se preferiamo, dal primo gennaio del 1948: è la Costituzione repubblicana – libera, democratica, egalitaria, antitotalitaria.
Il Ministro Francesco Lollobrigida ha cominciato maluccio: il termine antifascismo, a suo dire, sarebbe “troppo generico e purtroppo ha portato in tanti anni a morti”, fra cui quella di un ragazzino assassinato a sprangate a 17 anni, Sergio Ramelli. Sì, fu un delitto odioso, quello di Ramelli. Ma il termine antifascismo, in Italia, è tutt’altro che generico: è iper specifico. La mia tesi non richiede a supporto elaborate argomentazioni, solo buone letture. Puerile, poi, la conclusione che il Ministro Lollobrigida trae dall’orgia di violenza scatenata dagli estremisti di sinistra negli anni Settanta del Novecento. Ragionando come lui, allora, oggi ci si dovrebbe vergognare a dirsi cristiani: terribili, le violenze commesse in nome di Cristo nel corso dei secoli. E invece pullula di cristiani che, a ragione, sono fieri di professarsi tali. Non sono vissuti solo personaggi della risma di Bonifacio VII, il simoniaco e corrotto, e del Torquemada, l’inquisitore crudele. San Francesco non emanava forse una fede e un amore purissimi? Il poverello di Assisi si rifiutò di benedire le crociate, tant’è che avviò il primo esperimento, dalle nostre latitudini, di diplomazia mista a dialogo interreligioso; lo fece a suo rischio e pericolo, intrattenendosi disarmato con il Sultano Malik al-Kamil.
Allo stesso modo, ci sono stati antifascisti pessimi e/o delinquenti fatti e finiti (i brigatisti rossi, per esempio) e antifascisti d’animo nobile (Sandro Pertini e Aldo Moro, per esempio). Naturalmente, non applicherei anche ai fascisti e ai nazisti il metro di giudizio per cui il campo si divide equamente in ‘buoni’ e ‘cattivi’: nel cristianesimo e nell’antifascismo italiano c’è un grumo di moralità incancellabile, intrinseca, che è assente nel nazifascismo. I Vangeli e la nostra Costituzione ne sono l’evidente dimostrazione. In sintesi: il cristiano ‘cattivo e criminale’ rinnega la carità evangelica, l’antifascista ‘cattivo e criminale’ offende lo spirito costituzionale; il nazifascista ‘cattivo e criminale’, invece, è perfettamente coerente con il dettato della sua ideologia diabolica.
Siamo onesti, però: Lollobrigida, chiude ‘in bellezza’ il suo iniziale, discutibile ragionamento. Davvero bello ciò che aggiunge a chiosa: “la Costituzione è il valore fondante di chi è antitotalitario e quindi antifascista nei fatti… Preferisco rifarmi alla Costituzione italiana che è strutturalmente antifascista e sulla quale ho giurato”. A questo punto è chiarissimo – per chi è intellettualmente onesto, e non è offuscato dall’ideologia – che ogni polemica sul supposto (o, meglio, inesistente) neofascismo strisciante dell’attuale destra italiana è pretestuosa: il rifiuto di appropriarsi del termine antifascista nasce da una ripicca della destra postfascista, da un desiderio revanscista nei confronti della sinistra egemone nel dopoguerra. Una posizione puerile, questa, come dicevo. E, aggiungerei, politicamente sterile. Ma nient’affatto pericolosa, ovvero per nulla propizia a un ritorno – peraltro impossibile – del regime fascista in Italia.
Sulla barricata opposta si erge impettito uno degli intellettuali antifascisti che non la pensa così, parlo di Antonio Scurati, il quale inizia magistralmente, con toni epici, un monologo che avrebbe potuto aver un gran valore per le nuove generazioni se non si concludesse in maniera maldestra e con un j’accuse intellettualmente disonesto. Il monologo (secondo me ingiustamente censurato dalla RAI) prende le mosse dall’omicidio del padre nobile di tutti gli antifascisti: Giacomo Matteotti. Finalmente campeggia la stupenda parola socialista, che molti antifascisti dell’estrema sinistra o brulicanti nel terreno del giustizialismo postcomunista hanno cancellato dalla memoria collettiva. Se ragionassi come Lollobrigida, eviterei anch’io di definirmi antifascista: ricordo bene gli insulti al più visionario leader del socialismo italiano postbellico, Bettino Craxi, definito da Antonio Tatò, stimato consigliere di Berlinguer, “un social-democratico con venature fascistiche”. Ma io non ho alcuna intenzione di regalare l’antifascismo a un branco di provocatori, fra cui pullulano i fascisti rossi. E, per coerenza, son solito definirmi anzitutto antitotalitario, essendo contrario visceralmente a ogni dittatura, quale che ne sia il colore politico. Sono certamente più vicino a Churchill, il conservatore colonialista eletto democraticamente, che non a Stalin, il tiranno sanguinario amante delle purghe e degli stermini. Caro Scurati, accetta una critica e un consiglio da un vecchio socialista. Eccoti un dettaglio o tassello essenziale che avrebbe reso davvero potente il tuo monologo: Giacomo Matteotti, il leader coraggioso che sfidò Mussolini a viso aperto sapendo di aver firmato la propria condanna a morte, era anche fieramente anticomunista, perché riformista e, quindi, antitotalitario. Giacché lo sapevano tutti, ai piani alti, che, mentre Mussolini mandava i suoi sicari a uccidere Matteotti e i fratelli Rosselli, i bolscevichi preparavano altrettanto vigliaccamente il capestro per oppositori e compagni ‘dissenzienti’. Una svista grave, l’aver ignorato l’anticomunismo democratico di Matteotti, per chi si professa esperto del Ventennio e ci scrive romanzi sopra.
Così avviene che Scurati chiuda il monologo ‘in bruttezza’, se così posso dire: la sua chiosa è propria brutta, oltreché falsa. “Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia” (quella fascista) che “il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica…un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista”? Scurati è quasi mio coetaneo, non può non aver visto e ascoltato in diretta, alla televisione, i fatti nel loro svolgersi tumultuoso: qualche decennio fa gli eredi del neofascismo, quello del Movimento Sociale, gettarono quel ciarpame alle ortiche al congresso di Fiuggi. Fratelli d’Italia si ricollega idealmente ad AN, partito già postfascista e comunque democratico, non già al fascismo storico. La stoccata finale di Scurati è un capolavoro di mistificazione politica: “finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”. Preciso che non ho mai votato a destra, né ho intenzione di farlo ora, a sessant’anni suonati – non abbandonerei mai il carro dei perdenti per saltare a piè pari su quello dei vincitori. Detto ciò, non rinuncerò neppure – per nessuna cosa al mondo – al mio rigore intellettuale e ai dettami della mia coscienza. Sicché le falsità della propaganda, queste no, non le tollero. Non solo per amore della verità: il punto è che le ritengo un micidiale boomerang politico.
Caro Scurati, da dove proviene la minaccia fascista, oggi, se non dalla guerra imperialista scatenata da Putin, il quale si rifa’, con gran coerenza, a un pensatore fascista DOC: un tale Ivan Ii’in, che in molti fingono di ignorare (Antonio Vigilante, “Chi era Ivan Il’in, l’ideologo del fascismo di Putin”, Micromega)? Dove si collocano molti degli antifascisti DOC che si commuovono nel leggere il tuo monologo? Nel campo del fascismo conclamato che affonda i suoi artigli nella carne di una nazione libera, l’Ucraina: si schierano contro gli aiuti militari ed economici all’eroica resistenza ucraina, sbraitano contro la NATO, che ci difende tutti, antifascisti e no, e che sostiene la lotta dei patrioti-partigiani ucraini. Cosa dicono, infatti, molti di quegli antifascisti DOC in vena di lezioncine sulla democrazia italiana? Che Putin – il Golia della situazione – ha le sue buone ragioni e che l’Ucraina – il Davide – è governata dai nazisti, nonché infestata da bande di nazionalisti ammiratori di Bandera. Il che è una falsità in perfetto stile rosso bruno nero: bolscevico-nazi-fascista. Dove si colloca, invece, il Governo italiano che hai in gran ‘dispitto’? Dalla parte giusta della storia: quella della democrazia liberale e del principio sacrosanto dell’autodeterminazione dei popoli. Il Governo attuale si è infatti schierato – senza tentennamenti – dalla parte dell’Ucraina aggredita e martoriata. Se vi sono ambiguità, non provengono certo da Fratelli d’Italia. Meditate su questo, antifascisti cattedratici, meditate!
