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In memoria di Hiroshima

di Francesca Vian

C’era vento. Soprattutto c’era vento. Batteva un vento fresco e scomposto, nel ritaglio storico tra il Municipio di Padova e il palazzo dell’Università.

Alle 8.00 del 6 agosto, i cittadini si sono incontrati, per ricordare l’atto più atroce della storia dell’umanità, 79 anni prima. Un atto che non ha lasciato scampo a nessuno, agli esseri umani, ai fiori alle foglie agli insetti. Ha annegato nella polvere la vita della natura.

Il vento batteva forte, inatteso a Padova, 79 anni dopo, imprevisto il 6 agosto nella pianura padana. Da nord est, ci portava, sbattendo forte nelle nostre bandiere, le ceneri di Auschwitz.  Poi il vento ha cambiato direzione e ci ha portato da sud i granelli di sabbia del Sahara: dalla Libia ecco i dolori dei lager che continuano indisturbati l’opera di Auschwitz, sotto i nostri occhi (e i loro sopravvissuti, giunti in Italia, sono reclutati per i lavori più duri e talvolta più ingiusti).

Poi è giunto il minuto di silenzio in memoria: il vento batteva sempre da nord-est, ma con un angolo azimutale di 45,61 gradi, direttamente da Hiroshima. In quello stesso minuto sono morti subito 70.000 umani, e fiori, e foglie, e frutti, e insetti, e sogni, e speranze, e poesie, e cieli.

Non riuscivamo a tenere le bandiere, nonostante fossimo incastrati fra due palazzi storici. Cadeva giù dal cielo, il vento, portava i dolori di ieri e di oggi, con la sua sottile e antica voce.  C’era anche il vento, fra i convenuti per Hiroshima.

Il vento portava profumi di donne, di fatiche, di ingiustizie, da tante direzioni. Era così difficile decifrarlo.

Il 6 agosto 1945, c’era una bambina di 8 anni, Keiko Ogura. Stava giocando a circa 2,4 chilometri dall’epicentro dell’esplosione.

Per la paura e la vergogna, si rifugiò sotto una struttura di ferro. La pioggia radioattiva che cadde giù dopo la bomba non la toccò, così rannicchiata per il pudore.  Ha potuto raccontarci la sua storia di bambina, che camminava una mattina, sotto il cielo di Hiroshima.

Il vento non colpiva, 79 anni dopo, chi lo sa perché, una striscia di donne tra il Palazzo del Municipio e il Palazzo dell’Università. Ognuna di loro recava al collo una grande lettera e tutte insieme scrivevano nella città la frase: “Cessate il fuoco”. Non mi sorpende che alle donne sia affidato il messaggio più giusto: “Cessate il fuoco”.

In memoria di Hiroshima (immagine mia con IA).

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