-di RITA BORELLI-
Una perla rara la quarta serata del Ginesio Fest 2024: Vorrei una voce di e con Tindaro Granata non è semplicemente uno spettacolo, ma un atto di resistenza inconfessata, una finestra aperta su un’umanità nascosta dietro le mura di una prigione. In un monologo costruito con cura e dolcezza, riesce a dare forma e voce a quel desiderio intrinseco di libertà che risuona in ogni essere umano, anche quando è costretto per colpe commesse ad essere relegato in un mondo di confini forzati e di sogni recisi.
Questa opera come si legge dalle note di regia, nasce da un incontro fortunato che è, in sé, una poesia di vita: ovvero quello tra l’artista Granata e le detenute del teatro Piccolo Shakespeare, della Casa Circondariale di Messina. È in questo spazio di reclusione che il teatro diventa per antonomasia lo strumento in grado di far sognare, per respirare, per esistere oltre le catene fisiche. L’ispirazione profonda di Tindaro Granata si trasforma così in un’esperienza di creazione collettiva, dove le canzoni dell’ultimo concerto che Mina tenne alla Bussola nel 1978, diventano il simbolo di una potente femminilità liberatoria, e si intrecciano con il tessuto narrativo che sfidano il silenzio e la privazione.
Con grandissima bravura e delicatezza Granata, utilizza il playback non come un artificio tecnico ma come un mezzo espressivo attraverso il quale riesce ad amplificare la distanza tra la voce reale e quella desiderata. Ogni nota, ogni parola di Mina, sono un’eco di ciò che le detenute non possono esprimere apertamente: il desiderio di una voce, di una identità che possa esistere oltre il marchio del reato, oltre la vergogna e la solitudine.
Lo spettacolo si sviluppa attraverso un racconto-monologo che, in un momento di sublime svolta narrativa, si arricchisce dell’intensa e struggente rappresentazione delle vicende di alcune donne detenute, di cui l’attore diventa ombra: ombra di quelle vite spezzate; e attraverso questo colloquio, guida il pubblico in un viaggio nell’animo umano. La drammaturgia è sospesa tra realtà e sogno ed evoca un universo onirico in cui la capacità di sognare diventa l’ultimo baluardo di resistenza contro l’annientamento interiore. È un inno alla forza interiore, alla possibilità di reinventarsi nonostante tutto, e alla potenza del teatro come mezzo di trasformazione e redenzione.
Vorrei una voce è dedicato a tutti coloro che hanno perso la capacità di sognare, perché il sogno, che in questo contesto diventa sinonimo di speranza, è l’essenza stessa della vita. Senza la capacità di sognare, come ci suggerisce Granata, si rischia di far morire una parte fondamentale del nostro profondo sé: quella parte che ci rende umani.
In tal senso, il lavoro di questo straordinario artista assume una dimensione quasi liberatoria, offrendoci non solo uno spaccato delle vite di chi è stato messo ai margini, ma anche un’occasione di riflessione sul proprio modo di vivere, di sognare e di ascoltare la propria voce interiore. In un mondo dove le voci spesso si sovrappongono fino a confondersi, Vorrei una voce innalza il suo monito gentile invitandoci a non perdere mai la propria capacità di sognare e a non rinunciare mai alla possibilità di vivere, anche se solo dentro sé stessi.
Vorrei una voce è un’opera rara, una poesia che si manifesta lungo il cammino della nostra esistenza. Essa rappresenta una testimonianza potente e vibrante della funzione del teatro, quale luogo sacro di incontro, di speranza e di sogno, che dona parola a chi, per troppo tempo, è stato condannato al silenzio. Come disse Vladímir Majakóvskij, “L’arte non è uno specchio per riflettere il mondo, ma un martello per forgiarlo”. Questo spettacolo non si limita a riflettere le realtà della vita, ma la trasforma, dando forma e sostanza a quanto di inascoltato in noi che esige di venire alla luce.
Festival di San Ginesio 2024
21 agosto 2024
Ore 21:30
Auditorium Sant’Agostino
Vorrei una voce
di e con Tindaro Granata
con le canzoni di Mina
ispirato dall’incontro con le detenute-attrici del teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina nell’ambito del progetto “Il Teatro per Sognare” di D’aRteventi diretto da Daniela Ursino
disegno luci Luigi Biondi
costumi Aurora Damanti
regista assistente Alessandro Bandini
produzione LAC Lugano Arte e Cultura
in collaborazione con Proxima Res
partner di produzione Gruppo Ospedaliero Moncucco

