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Le 150 ore e lo studio degli adulti: una storia straordinaria.

Le 150 ore e lo studio degli adulti: una storia straordinaria. E’ uscito uno splendido libro che traccia i frammenti di un’epica di riscatto civile, che ha portato fuori dall’analfabetismo milioni di persone.

Diritto allo studio e educazione degli adulti nell’Italia repubblicana, a cura di Raffaello A. Doro, Roma, Viella, 2024.

Le 150 ore sono una creazione tutta italiana, un traguardo di progresso civile in anticipo sul mondo intero. Sono le ore necessarie per prendere un diploma di istruzione, se non si è potuto averlo prima. Partite nel 1973, le ore potevano essere considerate di permesso-studio: un presidio sindacale decisivo.

Negli anni Sessanta Alberto Manzi aveva insegnato a scrivere alla televisione in “Non è mai troppo tardi“. Don Lorenzo Milani aveva insegnato in mezzo alle montagne toscane. Don Roberto Sardelli aveva insegnato ai baraccati dell’acquedotto di Roma. Lettera a una professoressa (studenti di don Milani) e Non tacere (studenti di Sardelli) insegnano ancora al mondo intero.

Nella raccolta di saggi, c’è anche un capitolo di Antonio Tedesco. Ci ricorda che gli analfabeti nel 1961 erano quasi 4 milioni in Italia, localizzati soprattutto al Sud. L’istruzione per prendere il diploma era lunghissima e prevalentemente nelle mani dei religiosi. Dunque, risultava quasi impossibile riscattare la dispersione scolastica vissuta in gioventù.

Benché la conquista delle 150 ore sia una vittoria corale, Giorgio Benvenuto con la UILM riesce ad avviarsi decisamente in questa strada “di portata storica“, “radicale“; “Un milione di persone con le 150 ore hanno preso la licenza media utilizzando permessi retribuiti per il diritto allo studio. Con il contratto si decideva che una parte del lavoro veniva utilizzata per prendere il diploma. C’è radicalità in questa scelta. E’ la conseguenza di una scelta che vede studenti e operai riconoscere il ruolo chiave della conoscenza per una crescita sociale“.  Ma Giorgio Benvenuto è ancora oggi protagonista di questa “portata storica”: si sofferma spesso su questo traguardo di equità sociale,  quando incontra i cittadini.

Ricordare la forza di questa conquista, non può che rendere merito all’esperienza di oggi, che prosegue la lotta “per rimuovere gli ostacoli“, specialmente con i cittadini immigrati.

Per studiare con le 150 ore, oggi diventate 400, ci sono i CPIA, scuole statali per adulti. Ho il privilegio di prestare servizio in un CPIA e di proseguire questa gloriosa tradizione di riscatto individuale e collettivo. Misuro ogni giorno la forza che trasmettono poche ore di scuola, in crescita culturale, in emancipazione, in lavoro, in qualità della vita, in felicità. E a livello collettivo in miglioramento del tessuto sociale, in ordine e in progresso civile.

Con l’immigrazione, in Italia sono ritornati gli analfabeti in gran numero; soprattutto dalla costa occidentale dell’Africa e dalla pensiola indiana, dove molte persone non sono mai state a scuola. In questi paesi l’analfabetismo sopra i 15 anni può raggiungere il 40%, e raramente il 70%.  Dunque, il CPIA  svolge un servizio insostituibile per l’integrazione e la coesione sociale.

Purtroppo, non a tutti è chiara la straordinaria portata della scuola a tutte le età. A Padova, in questi giorni, la dirigente scolastica chiude il CPIA Petrarca in centro storico, lasciando 600 cittadini iscritti, prevalentemente italiani, senza corsi di cultura generale: si nega così l’idea ormai imprescindibile, che si debba studiare e apprendere, in tutto l’arco della vita. Una decisione ingiustificabile, come si può vedere in questo TG.

Inoltre, deferiscono in periferia il CPIA Arcella, negando la scuola nel quartiere ad alto tasso di stranieri. Condannano gli uomini al disagio, e le donne a non studiare, meno mobili sul territorio. La piccola scuola, che vanta numeri record di iscritti e di diplomati, quasi tutti immigrati di prima generazione, viene mortificata dalla politica miope di due amministratrici comunali, e inizia 40 giorni dopo il resto d’Italia, per mancanza di collaboratori scolastici.

La città dove Galileo Galilei trascorse i 18 anni migliori della sua vita, la città due volte patrimonio mondiale dell’UNESCO (per l’Orto Botanico e per gli straordinari dipinti di Urbs Picta), la città dove l’Università antichissima fa dire dei padovani “gran dottori”, la città della prima donna laureata al mondo, la città che promuove da sempre la cultura, la città ora vanta questi due significativi record di deprivazione culturale.

Dopo così tanti anni di successi della scuola, viviamo un arretramento di civiltà senza pari, con conseguenze pesanti nella vita degli individui, delle famiglie, della società civile.

Immagine mia con IA.

francescavian@gmail.com

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