-di RITA BORELLI-
Mi sono chiesta più volte quale sarebbe la reazione di un autore del passato se, per magia, potesse assistere oggi alla rappresentazione di una sua opera reinterpretata attraverso le lenti del nostro tempo. Questo pensiero si è affacciato anche in occasione della rappresentazione de L’avaro di Molière in scena al Teatro Quirino Vittorio Gassman, dal 17 dicembre con la regia di Luigi Saravo e Ugo Dighero nel ruolo di Arpagone. Questo allestimento si propone di dialogare con il nostro presente.
Al centro della narrazione rimane Arpagone, simbolo intramontabile dell’ossessione per il possesso del denaro, che sacrifica ogni legame umano sull’altare della ricchezza materiale. La sua bramosia innesca una spirale di conflitti familiari e sotterfugi amorosi, fino a un finale che, pur ricomponendo l’intreccio, lascia una nota di amarezza. Una conclusione che rispetta la caustica ironia di Molière, senza tuttavia smarrirne la profondità.
Ugo Dighero ci restituisce un’interpretazione solida e ben calibrata di Arpagone, con un equilibrio tra il grottesco e una sottile introspezione. Il suo personaggio, pur mantenendo i tratti di un archetipo senza tempo, riesce a incarnare alcune delle ansie e delle ossessioni del nostro presente. La sua recitazione è coinvolgente e rimane fedele alla corrosiva ironia di Molière, anche se priva di soluzioni realmente innovative.
Brava anche Mariangeles Torres, che si distingue per versatilità e brillantezza nei ruoli di Freccia e Frosina, offrendo un vivace contrappunto all’ossessività di Arpagone. Accanto a lei, il resto del cast dipinge in modo efficace un mosaico di personaggi che, pur mantenendo il tratto grottesco, evocano una malinconica umanità, regalando al pubblico un affresco in cui il ridicolo si insinua in ogni piega senza risparmiare nessuno.
La regia di Saravo, pur ambiziosa nell’intento di coniugare elementi del passato e del presente, non riesce tuttavia a sorprendere. Lo spazio scenico è un crocevia temporale, con suggestioni che spaziano dagli anni Settanta all’era digitale vicina agli anni Duemila: un’idea interessante che, in alcune occasioni, rischia di risultare più decorativa che realmente incisiva. Gli oggetti di scena e i costumi, curati con precisione, partecipano al linguaggio simbolico della messa in scena, ma non sempre riescono a potenziare il messaggio centrale legato all’ossessione del possesso e al suo impatto sulle relazioni umane.
L’adattamento e traduzione firmati da Letizia Russo, con il loro linguaggio diretto e moderno, restituiscono il ritmo vivace dell’originale, che nella modernità cerca di aprire un dialogo con lo spettatore, riuscendo a mantenere intatta la pungente ironia di Molière.
Le musiche di Paolo Silvestri sono essenziali e ben dosate: accompagnano le tensioni emotive senza sopraffare l’azione, pur presentando alcuni momenti in cui risultano stridenti rispetto all’azione scenica. Anche le luci e scene, curate da Saravo e Lorenzo Russo Rainaldi, creano un universo visivo che riesce a delineare con coerenza le tematiche affrontate.
Questo allestimento de L’Avaro tenta di restituire le questioni economiche e sociali sollevate da Molière in una chiave contemporanea, con un risultato che, seppur curato, manca di incisività e originalità. Arpagone non è più soltanto un simbolo di avarizia, ma un uomo che, con il suo immobilismo, sfida la logica del consumo infinito. Patetico e crudele al tempo stesso, il suo personaggio sembra interrogarci con ironia sulle nostre stesse contraddizioni. “Gli uomini odiano coloro che chiamano avari solo perché non ne possono cavar nulla”, scriveva Voltaire. Alla fine dello spettacolo, non è solo Arpagone a rimanere impresso nella memoria, ma il riflesso delle nostre fragilità, rimandate da uno specchio spietato che, nel suo amaro sorriso, ci obbliga a pensare.
TEATRO QUIRINO VITTORIO GASSMAN
17.22 dicembre
Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Bolzano,
Centro Teatrale Bresciano, Artisti Associati Gorizia
presentano
UGO DIGHERO
L’AVARO
di Molière
traduzione e adattamento Letizia Russo
con
Mariangeles Torres, Fabio Barone, Stefano Dilauro, Cristian Giammarini, Paolo Li Volsi, Elisabetta Mazzullo, Rebecca Redaelli, Luigi Saravo
musiche Paolo Silvestri
costumi Lorenzo Russo Rainaldi
scene Luigi Saravo, Lorenzo Russo Rainaldi
movimenti coreografici Claudia Monti
luci Aldo Mantovani
regia LUIGI SARAVO

