-di Valentina Attili-
Il gender pay gap, ossia il divario retributivo di genere, è un fenomeno che persiste in molti Paesi e rappresenta una delle principali sfide per la parità economica e sociale. A livello globale, le donne guadagnano in media circa il 77% del salario percepito dagli uomini, evidenziando una significativa disparità retributiva (fonte: UN Women). Nell’Unione Europea, il divario varia tra i diversi Stati membri, con Paesi come Lussemburgo, Romania e Slovenia che registrano un gap inferiore al 5%, mentre in altri, come Germania, Austria ed Estonia, supera il 17% (fonte: European Commission). In Italia, il gender pay gap si attesta intorno all’8,7%, un valore inferiore alla media europea, ma comunque indicativo di un problema strutturale nel mercato del lavoro (fonte: Trusaic).
Le cause alla base di questa disuguaglianza sono molteplici e includono la segregazione occupazionale, che vede le donne maggiormente impiegate in settori meno remunerativi, le interruzioni di carriera legate alla maternità e alla gestione familiare, e le barriere alla progressione professionale. La discriminazione, sia diretta che indiretta, continua a influenzare le decisioni salariali e le opportunità di crescita professionale per le lavoratrici. Questi fattori si traducono in effetti negativi non solo per le singole individue, ma anche per l’intera economia, poiché la mancata parità salariale limita il potenziale di crescita e contribuisce a una distribuzione diseguale della ricchezza.
Le conseguenze del gender pay gap si estendono a diversi ambiti, tra cui la maggiore esposizione delle donne al rischio di povertà, soprattutto in età avanzata, a causa di pensioni inferiori determinate da salari più bassi nel corso della vita lavorativa. Secondo le Nazioni Unite, la mancata parità retributiva costa all’economia globale circa 10 trilioni di dollari all’anno, un dato che evidenzia la necessità di politiche efficaci per affrontare il problema (fonte: TheGuardian). Tra le strategie proposte per ridurre il divario salariale, si evidenziano l’implementazione di politiche di trasparenza retributiva, che obblighino le aziende a rendere pubblici i dati salariali disaggregati per genere, e la promozione di misure per conciliare vita lavorativa e familiare, come congedi parentali più equamente distribuiti e una maggiore accessibilità ai servizi di assistenza all’infanzia.
L’educazione e la sensibilizzazione giocano un ruolo cruciale nella lotta al gender pay gap. È fondamentale incoraggiare le donne a intraprendere carriere in settori tradizionalmente dominati dagli uomini e promuovere una cultura aziendale che valorizzi la diversità e l’inclusione. Il raggiungimento della parità retributiva non è solo una questione di giustizia sociale, ma un obiettivo strategico per lo sviluppo economico e il progresso della società. La riduzione del divario retributivo di genere richiede un impegno congiunto da parte dei governi, delle aziende e della società civile, affinché vengano attuate misure concrete in grado di garantire un trattamento equo e un valore riconosciuto al contributo lavorativo di ogni individuo, indipendentemente dal genere.
