di Maria Anna Lerario –
Il 25 novembre non è solo una data sul calendario, né uno dei soliti giorni celebrativi in cui disperdere fiumi di parole che faranno eco per due ore, forse tre.
È un numero cerchiato in rosso sul calendario: una chiamata all’azione e un richiamo per alzare la voce contro la violenza sulle donne, che continua a insinuarsi nelle pieghe dell’indifferenza e della negligenza.
Stiamo ancora contando. I femminicidi non si fermano. Nel 2023 – finora! – sono state uccise 106 donne. Una ogni tre giorni. Tante sono giovani, giovanissime. Come Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano, a indicare un trend che non va esaurendosi, ma che, anzi, si amplifica in una spirale di narcisismo, inadeguatezza, misoginia, diseducazione, individualismo sfrenato e solitudine.
Eppure, nonostante l’evidenza, il tanto parlare, la necessità di prendere posizione e reagire, ancora non ci si rassegna a smettere di raccontare i femminicidi, gli stupri e la violenza senza inserirci in qualche modo o da qualche parte la parola “amore”. Come se evocare una qualche forma d’amore potesse smorzare in qualche modo la brutalità dell’assassino. Giustificarla, umanizzarla.
Amore tossico, amore malato, amore esasperato sono tutte espressioni che contengono un ossimoro sostanziale dal quale abbiamo la necessità di smarcarci, per iniziare a srotolare la matassa del cambiamento. Un cambiamento serio e profondo del sentire collettivo. Un cambiamento culturale che superi una volta e per tutte quel patriarcato becero che ci portiamo dentro, pezzettino su pezzettino, e che viene fuori con tragica naturalezza.
Ogni giorno, in qualsiasi momento.
Abbiamo tutti, ma – non me ne vogliate! – gli uomini di più, la responsabilità di contribuire a questo cambiamento.
Come ricorda Piero Gobetti, “non può essere morale chi è indifferente”. È un dovere collettivo alzare la voce, agire e porre fine al silenzio che avvolge la violenza contro le donne, una violazione fondamentale dei diritti umani, ricordiamolo senza camuffamenti sentimentali.
Ogni atto di violenza è una ferita profonda nella struttura stessa della nostra società. Ogni coltellata inferta a una donna è una coltellata che ferisce la dignità dell’intero Paese. E’ una coltellata che arriva a me, a mia madre, mia sorella, mia figlia, alla mia amica, alla mia nemica, alla vicina di casa, alla maestra di scuola, all’infermiera, alla commessa, alla signora del Tabacchi all’angolo della strada. E la mano femminicida è quella del padre, del marito, del fidanzato, dell’ex ossessivo, del vicino di casa, del maestro di scuola, dell’infermiere, del commesso, del signore del Tabacchi all’angolo della strada.
Moriamo tutte noi donne. Siete responsabili tutti voi uomini.
Ma superando questo guado profondo del “noi” e del “voi” e scovando il coraggio di guardarci negli occhi – gli stessi – ci stupiremmo di riconoscerci persone. Uno specchio dell’altro. Diversi e uguali.
Uccidereste ancora, voi uomini, se vi riconosceste persone come noi donne?
La vera trasformazione richiede il coinvolgimento di tutti, uomini e donne insieme, nella costruzione di un futuro libero dalla violenza. Il cambiamento, del resto, inizia dalla consapevolezza e dalla comprensione profonda che siamo tutti vittime e carnefici di un modo di sentire il mondo che è profondamente sbagliato nelle prevaricazioni, nell’idea costante che esista una sorta di scala di valore in cui uno è più dell’altro. In cui gli uomini possono di più.
La lotta violenza contro le donne non parte dai femminicidi finiti sul giornale, né dagli stupri più crudeli. È una battaglia sottile e testarda contro un nemico senza volto che ogni giorno si disegna in mille diversi ritratti.
Il femminicidio è la punta di un iceberg profondissimo fatto di violenza: culturale, verbale, economica, religiosa, tecnologica. Sempre contro le donne.
È bene rompere il silenzio. Per le tante Giulia che hanno perso la vita. Per le tante donne che ogni giorno subiscono vessazioni di ogni tipo, che vengono insultate, mal retribuite, denigrate, messe da parte, ignorate, abusate, violentate, uccise.
E per i tanti uomini che “io non lo farei mai!”
Che siate uomini o donne, siate coscienti. Siate consapevoli. Siate persone.
