L’Avaro immaginario – recensione teatrale

-di RITA BORELLI-

Nell’incantevole gioco delle luci che danza tra le quinte, il sipario si alza sulla scena di un teatro intriso della storia di un’epoca passata, dove la “Carretta dei Comici” di Peppino e Luigi De Filippo si materializza sul palcoscenico come un frammento di tradizione, un viaggio attraverso il riso e la melanconia di un teatro itinerante che incantava facendo vivere un mondo di risate.Ogni notte, la carretta si trasformava in un palazzo dove gli artisti intrecciavano le trame della Commedia dell’Arte, proponendo momenti divertenti, con balli, musica e anche situazioni drammatiche che ritraevano il quadro della società italiana del Seicento. La carretta era una metafora potente, simbolo della condizione umana in un viaggio fatto di poche gioie e molte sfide per il domani.

L’Avaro immaginario, adattamento e regia di Enzo Decaro tratto da Molière/Luigi De Filippo al Parioli, aveva nelle intenzioni questo proposito: far rivivere la celebre “Carretta dei Comici” di De Filippo, simbolo di leggerezza e spensieratezza. L’umorismo di Peppino trasformava la carretta non solo in un veicolo fisico ma anche metaforico, dove ognuno si trovava a vivere un viaggio di risate e riflessioni. Ciò che nel lavoro di Decaro è purtroppo mancato. Nessuna vivacità e leggerezza. Tutto è risultato pesantee piatto. La storia si è persa nella mancanza di dinamismo e nell’incapacità di catturare l’attenzione del pubblico.

All’apertura del sipario sul palcoscenico è collocata la carrettadove alcuni attori stanno recitando ad un pubblico di povere persone le ultime battute del Malato immaginario e L’avaro di Molière. È una compagnia poverissima. Sono la famiglia Brunoda Nola, un paese della Campania. Hanno un cognome importante: loro sono i nipoti di Giordano Bruno, da poco messo al rogo per le sue idee ritenute eretiche. Questa compagnia vuolerecarsi in Francia per incontrare Molière. Purtroppo, ognuno di loro vive una situazione di grande povertà e fame che li costringe addirittura a sopprimere il loro cavallo per mangiare qualcosa. Il capocomico scrive molte lettere a Molière – che nel finale scopriremo non gli sono mai state spedite -, confidandogli i suoi drammi e l’ammirazione per le sue opere. Durante il viaggio, i Bruno faranno incontri insoliti. Fra questi, una donna misteriosa che sembra sapere tutto sul destino del capocomico e che gli parla metaforicamente di reincarnazione, esortandolo a considerare la vita come un delicato abito di scena a cui non affezionarsi troppo, poiché sarà abbandonato a fine spettacolo per indossarne uno nuovo per altri ruoli. Ciò che è importante, è capire gli errori commessi in ciascuna esperienza per non dover ripetere lo stessocopione nella successiva rappresentazione.

Poi incontreranno un soldato di ventura, che racconta – guarda il caso! – di aver fatto parte per dieci lunghi anni della compagnia di Molière, sciolta da questi improvvisamente e senza motivo. E avvisa: Molière non è l’uomo virtuoso che loro immaginano. Il viaggio dopo molti ostacoli si conclude finalmente a Parigi. Ma quando? Proprio nel momento in cui Molière muore. Il desiderato incontro non avviene e la compagnia, delusa e amareggiata, si scioglie. Ognuno desidera intraprendere percorsi di vita e artistici differenti. Al capocomico e all’amata sorella non resterà nient’altro da fare che ritornare tristemente a Nola, loro paese natale.

Il sipario si chiude con un retrogusto amaro, poiché lo spettacolo ha percorso un sentiero inatteso, mancando il suo intento di leggerezza e comicità. Enzo Decaro è apparso visibilmente fuori ruolo, con una recitazione che è parsa mancare di vivacità e dell’energia che ci si aspettava, mostrata nelle sue performance precedenti (straordinaria quella di cui ha dato prova nella sua riproposizione di Non è vero ma ci credo). Bravi nel complesso imembri della compagnia, che sono riusciti comunque a regalare frammenti di buona maestria attoriale. Fra tutti va menzionata Nunzia Schiano, che ha brillato per tempi recitativi, mimica e presenza sul campo. Un’attrice di vero, grande e raro carisma.

A parte lei, tuttavia, lo spettacolo è risultato un tentativo malriuscito di riportare in vita un classico, di drammaturgia e di stile – quello immenso di Peppino De Filippo – che avrebbe richiesto maggiore attenzione e abilità.

TEATRO PARIOLI

15 | 19 NOVEMBRE 2023

ENZO DECARO

in

L’AVARO IMMAGINARIO

Tratto da Molière/Luigi De Filippo

adattamento e regia di Enzo Decaro

con Nunzia Schiano e la Compagnia di Luigi De Filippo

in o.a. Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Massimo Pagano, Giorgio Pinto, Fabiana Russo, Ingrid Sansone

Musiche Nino Rota (da “Le Molière immaginarie”) Musiche di scena ispirate a villanelle e canzoni popolari del 600’ napoletano

Produzione I due della città del sole

Atto unico: Durata 90’

 

pierlu83

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