-di RITA BORELLI-
Cos’è che induce uno spettatore ad assistere ad un’opera classica benché nota per la sua profondità e rappresentata in teatro numerose volte? Cosa deve contenere di innovativo una rappresentazione per mantenere inalterato il suo fascino e rilevanza? Sicuramente una visione di regia che ne reinterpreti il messaggio in modo nuovo, con attori in grado di trasmettere empatia e profondità, senza tuttavia compromettere l’integrità del contenuto voluto dall’autore. In assenza di tutto questo, la sostanza e potenza dell’opera vengono meno, lasciando una versione identica o addirittura impoverita del suo significato, e mancante di impatto e coinvolgimento e di una nuova rilettura che decolli dal suo significato originario.
Assassinio nella cattedrale di Eliot il nuovo spettacolo del Teatro Quirino Vittorio Gassman in scena dal 13 al 18 Febbraio, per la regia di Guglielmo Ferro, con Moni Ovadia e Marianella Bargilli.
Il dramma raccontato da Eliot è una storia realmente accaduta che descrive l’ultimo periodo di vita dell’arcivescovo Thomas Becket, rivelandone le tensioni e i conflitti che si consumarono tra lui ed Enrico II e che determinarono la sua uccisione nel 1170.
Becket, ritornato a Canterbury dopo sette lunghi anni di esilio, ritrova tra le imponenti mura di pietra della cattedrale i suoi discepoli più fedeli. In quel luogo dove il tempo sembra essere sospeso, vengono descritti gli eventi. Un luogo sacro che mescola preghiere e sussurri di segreti: qui si consuma il dramma di Becket, un uomo diviso tra il dovere religioso e la lealtà al potere terreno.
In questa atmosfera carica di tensione e di misticismo, il capolavoro teatrale di Eliot mette in evidenza molti temi cari all’autore: il potere, la redenzione e il conflitto tra autorità secolare e spirituale, analizzando con lucidità la difficoltà che esiste tra fede e politica, allora come oggi. Lo spettatore viene sollecitato ad indagare nei luoghi più oscuri dell’animo umano e a riflettere sulla complessità delle relazioni tra uomo e divino, ponendosi domande etiche e morali tutt’ora irrisolte.
L’autore porta alla luce il sacrificio e la lotta interiore di Becket, sottolineando come la perdita di fiducia nelle istituzioni e autorità del tempo influenzi il rapporto con la religione, il potere e la libertà individuale. Il dramma e le problematiche descritte in Assassinio nella cattedrale sembrano essere rimaste inalterate. L’arcivescovo pagherà con la vita la sua inflessibilità e non disponibilità ai compromessi.
Quale analisi e messinscena innovativa è stata individuata da parte del regista Ferro per il suo spettacolo? Nessuna direi. La regia non ha illuminato il palcoscenico con idee creative e innovative, ma ha solo ripercorso in modo letterale i temi già esplicitati nell’opera. Una regia, per dirla in metafora, simile a un faro spento in mezzo alla nebbia, incapace quindi di guidare gli attori verso il loro apice drammatico.
La performance recitativa di conseguenza è stata una sinfonia stonata, con attori persi e tempi fuori sincrono. L’insieme ha mancato di profondità, dando l’impressione che gli interpreti avessero dimenticato il loro copione nel camerino.
Incerta e priva di verve la recitazione di Moni Ovadia, che ha trasformato i dialoghi in un mero elenco di parole, con tempi morti e privi di patos, lasciando il pubblico desideroso di ritmi più incalzanti e, dove necessario, più passionali. Anche Marianella Bargilli non ha brillato, recitando in modo meccanico e distaccato, senza trasmettere emozione.
La mancanza di armonia da parte di tutti gli attori si è riflessa nell’interazione sul palco, rendendo la performance deludente e priva di qualsiasi coinvolgimento emotivo da parte del pubblico, il quale ha applaudito più per cortesia che per un vero apprezzamento per quanto visto sul palco.
TEATRO QUIRINO VITTORIO GASSMAN
Assassinio nella cattedrale
(Murder in the Cathedral)
13.18 febbraio
CTB Centro Teatrale Bresciano
Progetto Teatrando
presentano
MONI OVADIA
MARIANELLA BARGILLI
di Thomas Stearns Eliot
regia GUGLIEMO FERRO
