-di RITA BORELLI-
L’adattamento teatrale di 1984 di George Orwell, in scena al Teatro Quirino Vittorio Gassman dal 22 ottobre al 3 novembre diretto da Giancarlo Nicoletti, con Violante Placido, Ninni Bruschetta e Woody Neri, si presenta come un’esperienza intensa, capace di trascinare lo spettatore in una società dove oppressione e disumanizzazione si intrecciano in modo inquietante con la nostra contemporaneità. Il potere totalitario, rappresentato dal Partito, diventa un abisso oscuro che non solo inghiotte ogni resistenza, ma trasforma i pensieri e le volontà degli individui, come ben espresso dalla celebre frase di Nietzsche: “Chi combatte con i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro.”
La messa in scena si distingue per la sua capacità di evocare un mondo soffocante e alienante, dove la libertà diventa un miraggio e la verità è manipolata a piacimento. La scenografia, con schermi onnipresenti, telecamere invasive e luci fredde, costruisce un’atmosfera di sorveglianza opprimente, che richiama inevitabilmente il nostro presente iperconnesso, dominato da algoritmi e dall’incessante raccolta di dati. Lo spettacolo, senza scivolare in facili paralleli, suggerisce come la tecnologia odierna sia ormai uno strumento di controllo tanto invisibile quanto pervasivo.
Al centro della rappresentazione emerge la tormentata relazione tra Winston e Julia, incarnata con grande sensibilità da Woody Neri e Violante Placido. Neri offre un ritratto intenso di Winston Smith, un uomo consumato dal dubbio e dalla paura, simbolo di una resistenza destinata alla sconfitta. La sua performance riesce a esprimere con notevole profondità il conflitto interiore di chi tenta, invano, di opporsi a un sistema che sembra invulnerabile. Violante Placido, nel ruolo di Julia, incarna una ribellione istintiva e passionale, meno intellettuale e più legata al desiderio di vivere, pur sapendo di essere condannata. La loro storia d’amore proibita è l’ultimo rifugio di umanità in un mondo che ha bandito i sentimenti autentici, ma persino questo frammento di libertà sembra destinato a soccombere.
Di rilievo anche l’interpretazione di Ninni Bruschetta nei panni di O’Brien, una figura che incarna la doppiezza e l’ambiguità del potere. Con la sua performance calibrata, Bruschetta riesce a restituire tutta la glaciale razionalità di un uomo che non si limita a servire il regime, ma ne è uno dei principali architetti. Il suo O’Brien non è solo un antagonista, ma il simbolo di un potere che non ha più alcun limite morale.
La regia di Nicoletti opta per una narrazione diretta, priva di pause riflessive, immergendo lo spettatore in una spirale di tensione crescente. Questa scelta stilistica intensifica la percezione di oppressione, richiamando una riflessione sulla nostra attualità, in cui la verità viene manipolata dai media e dai flussi social. In questo contesto, la “neolingua” orwelliana, strumento di controllo e di dominio per eccellenza, trova una resa scenica particolarmente incisiva, fatta di dialoghi frammentati, immagini distorte e uso sapiente della tecnologia teatrale che non è mai solo un espediente estetico, ma parte integrante e fondamentale della narrazione. La scenografia, firmata da Alessandro Chiti, si rivela altrettanto funzionale e simbolica: schermi, videoproiezioni e spazi angusti creano un ambiente claustrofobico che riflette l’essenza stessa del regime orwelliano, dove ogni angolo è sorvegliato e ogni pensiero è sotto controllo. Un equilibrio perfetto tra forma e contenuto, capace di intensificare il senso di alienazione e potenziarne l’impatto emotivo.
L’elemento più sorprendente di questo 1984 è il finale. Diversamente dall’inevitabile pessimismo del romanzo, lo spettacolo offre un sottile spiraglio di speranza. Attraverso l’utilizzo dell’Appendice del libro, si accenna alla possibilità di una resistenza futura, lasciando intravedere che forse, nonostante tutto, niente è perduto in via definitiva. Questo cambio di prospettiva, pur non ribaltando completamente la visione di Orwell, apre a una riflessione più ampia su come affrontare i meccanismi di controllo in una società che oggi, come Orwell immaginava, sembra aver accettato di non poter essere libera.
In conclusione, 1984 di Nicoletti è un’opera che riesce a coniugare forma e contenuto in modo più che soddisfacente, traducendo la complessità del testo orwelliano senza tradirne lo spirito. È uno spettacolo che interroga, scuote e coinvolge lo spettatore non solo sul piano emotivo, ma anche su quello etico, lasciando in chi lo osserva domande che si fanno sempre più urgenti. Una soprattutto: fino a che punto siamo disposti a cedere la nostra libertà in nome di un’illusoria sicurezza?
TEATRO QUIRINO VITTORIO GASSMAN
22 ottobre. 3 novembre
Federica Luna Vincenti
per Goldenart Production
presenta
1984
di George Orwell
con: VIOLANTE PLACIDO – NINNI BRUSCHETTA – WOODY NERI
adattamento di Robert Icke e Duncan Macmillan
traduzione Giancarlo Nicoletti
con Silvio Laviano, Brunella Platania, Salvatore Rancatore,
Tommaso Paolucci, Gianluigi Rodrigues, Chiara Sacco
scene Alessandro Chiti
musiche Oragravity
costumi Paola Marchesin
disegno video Alessandro Papa
disegno luci Giuseppe Filipponio
regia GIANCARLO NICOLETTI

