Formiche Rosse per il XXI secolo?!

di Maurizio Fantoni Minnella –

  1. Sebbene la parola rivoluzione sia ormai bandita da quasi mezzo secolo in tutto il mondo occidentale, e alla quale se ne contrappongono altre come “democrazia” e “gradualità”, questo non ha impedito affatto che qualcuno, oggi, se ne voglia ancora prendere carico con tutto il portato storico e politico che essa contiene e rappresenta. Non stiamo certamente parlando delle porzioni residuali di quello che un tempo fu il partito simbolo della sinistra radicale, ossia di Rifondazione Comunista, la cui sopravvivenza è poco più di un nome sulla lapide della storia di questo paese. Settario come pochi altri, di un trockjsmo salottiero, aveva tuttavia espresso una leadership intelligente e critica nella figura di Fausto Bertinotti che al netto delle sconfitte politiche, oggi dirige una rivista dal titolo emblematico “Alternative per il socialismo” (1), scelta che si spiega con la volontà dialettica di ripartire dalle origini, dal socialismo rivoluzionario e insieme dal quello liberale. (Da Rosa Luxenburg ai fratelli Rosselli, per intenderci). Non parliamo nemmeno del “nuovo” Partito comunista italiano (sic), originato dall’allora PdCI di Armando Cossutta, Oliviero Diliberto e Marco Rizzo, una compagine politica attestata sullo 0,5 per cento, tuttavia incline ad un lavoro mimetico rispetto a quello che fu del grande partito di massa, al punto di diventarne involontariamente la caricatura. In esso si fondono aspirazioni berlingueriane e residui di stalinismo in una prospettiva fortemente identitaria, con Il nome e il simbolo del vecchio Pci a garantire una sorta di continuità storica, conservando i principi fondativi del berlinguerismo, quelli di un comunismo “liberale” e atlantista nel rispetto della democrazia parlamentare. Nemmeno di “Sinistra Italiana”, che pur conservando il sostantivo fatidico, con i suoi continui equilibrismi, non si può certo dire abbia un’identità comunista tout court e ancor meno di “Potere al Popolo”, che nello spazio di una sola legislatura, è diventata una sorta di nebulosa poco identificabile. Va comunque ricordato che il grande segretario del Pci, (di cui si festeggiano i quarant’anni dalla morte), ebbe a dire, una volta, di voler mantenere la falce e martello nel simbolo ma sotto l’ombrello della Nato. Già i movimenti anti-globalizzazione nati nel 1999-2001, leggevano la loro politica come fortemente conservatrice: ad esempio, per l’assenza, tra le priorità, del dibattito sulla democrazia partecipativa. Per queste compagini politiche, “comunismo” è ancora una parola degna di rispetto, lo è assai meno la parola “rivoluzione” da cui abbiamo iniziato la presente analisi. Infatti, il vero e forse unico spartiacque tra le formazioni che si definiscono ancora comuniste e quelle, invece, che si rifanno all’internazionalismo leninista, magari inserendo la parola “rivoluzionario” nel nome, è proprio il non riconoscimento politico della cosiddetta democrazia borghese che si esprime attraverso il voto popolare. Al pari, dunque, dei gruppi anarchici, partiti come “Lotta comunista” (LC), oppure il neonato “Partito Comunista Rivoluzionario” (PCR) (2), per definizione, si chiamano fuori dall’agone politico democratico parlamentare proprio in virtù della loro natura rivoluzionaria, a detta dei loro proclami, dal momento che essi ritengono che la via democratica non potrà in alcun modo portare al potere la classe operaia secondo i principi marx-engelsiani e leninisti. Essi dunque, nel loro programma futuro immaginano una rivoluzione proletaria ancora possibile nel XXI° secolo, ma solo quando vi saranno tutte le condizioni per poterla realizzare. Ciò che renderebbe attuale la lezione marxista, secondo i loro esponenti, sarebbero i nodi mai sciolti, non solo riguardanti la condizione operaia ma anche dell’uomo in generale nell’attuale mercato post-capitalista e post-fordista, dopo oltre settant’anni di democrazia. Si direbbe allora che tanti piccoli comunisti crescano come “formiche rosse” in grado di operare nel locale come nel nazionale, ma anche in realtà al di fuori dell’Italia. Il caso di Lotta Comunista, fondata nel 1965 dal savonese Arrigo Cervetto (1927-1995), teorico e agitatore politico, e a cui aderirono numerosi esponenti della “Compagnia Unica” del porto di Genova e l’allora leggendario pro-console Paride Batini (1934-2009) può, forse, dirsi paradigmatico del lavoro svolto dai militanti di diffusione del pensiero marxista-leninista attraverso l’organo di stampa a loro disposizione, nel cui palinsesto abbondano analisi di politica internazionale, spesso scritti in un linguaggio specialistico, per non dire criptico che ne accentuano il carattere elitario, e dunque di difficile se non impossibile comprensione per le masse operaie, attraverso un’intensa attività editoriale (3) e recentemente, con la formazione di un archivio bibliografico sul movimento operaio internazionale (4).

Ci si interroga sulla natura del messaggio rivoluzionario e sui metodi necessari per realizzarlo ed è a questo punto che il discorso si complica. Se con questo nostro discorso siamo giunti ormai lontano anni luce dal partito politico che ancora si definisce di sinistra, erede anch’esso del Pci, in grado, con la propria forza elettorale, di condizionare gli andamenti della politica nazionale, ma sostanzialmente senza poter cambiare nulla, quale futuro, in fondo, è riservato a queste formazioni politiche che, orgogliosamente operano al di fuori delle regole del gioco parlamentare?             Vi è, infatti, una reciproca delegittimazione: i gruppi marxisti leninisti sconfessano questa sinistra “farlocca”, allontanatasi dalla vera realtà della classe lavoratrice, ma a loro volta, vengono ripetutamente sconfessati come nostalgici, retrogradi”, “visionari”, dai “democratici”, i soli eredi della vera idea di democrazia propugnata da Gramsci e da Berlinguer. Sono proprio quest’ultimi ad aver realizzato nel presente quel compromesso storico che al segretario Berlinguer era stato impossibile fare; lo abbiamo, infatti, sotto i nostri occhi, si chiama “partito democratico” senza più falce e martello né l’aggettivo “sinistra” nel nome. Un partito che viene a sua volta sconfitto dalle destre, nel mentre esso si sforza di inseguirle sul loro terreno ideologico. Le sole pregiudiziali: l’antifascismo e i diritti delle minoranze.

  1. Vi è poi un’altra categoria di comunisti perlopiù mediatici, i cui nomi sono ben noti nel talk-show televisivi, i quali, nel fare propria, per ragioni opportunistiche, la caduta annunciata degli steccati ideologici, e come conseguenza diretta, la messa in discussione dei concetti di “destra e sinistra”, un lessico, quindi, da mandare in soffitta, fluttuano verso lidi fangosi e oscuri. Se per questi marxisti pentiti, il nemico più visibile e potente, come per gli altri, è il neo-liberismo atlantista delle multinazionali presente da un lato all’altro dell’oceano, non vi sono, allora, più ostacoli né politici né morali ad alleanze con forze di quella destra estrema che si dichiara nemica della banca mondiale, del sionismo ma in funzione antisemita, delle multinazionali, in nome di un populismo identitario che ha a cuore il “sangue” e il “suolo” e la difesa dei confini nazionali. Per un Rizzo o un Fusaro, comunisti (?), si direbbe piuttosto, sovranisti, si tratta di coniugare, ancora una volta, paradossalmente, la teoria staliniana del “comunismo in un solo paese”(che piace anche a un Vladimir Putin!), scoprendosi dunque nazionalisti rossi tra i nazionalisti neri!.

Se abbiamo assistito al fallimento, non tanto delle rivoluzioni in sé, ossia dell’idea stessa di rivoluzione, ma dei suoi sviluppi successivi, delle sue derive, non è detto che nel momento in cui esse furono fatte, non fossero necessarie, in Russia come a Cuba o in Messico, in Nicaragua come in Cina. Oggi, troppi storici sembrano inclini a fornire un giudizio critico sulle rivoluzioni del XX° secolo sulla base di due fattori determinanti: il risultato politico ed economico di tali eventi proiettato negli anni e il “veto”, mutato in diktat severo, sulla violenza politica. Quanto a quest’ultima, si può dire che ne esista, ormai, di una sola specie, quella del potere poliziesco che agisce sul corpo dei dissidenti e quella assai più subdola del capitale che si muove, invece, attraverso il ricatto del lavoro.

Siamo di fronte a una lettura revisionista della storia contemporanea che certamente non aiuta alla comprensione dei fenomeni politici e delle loro profonde motivazioni. E intanto le nostre “formiche rosse” lavorano, impegnandosi nel sociale, nelle scuole, nelle fabbriche e nelle piazze durante le grandi manifestazioni, diffondendo il verbo rivoluzionario, proprio come si faceva quando eravamo tutti rivoluzionari, in un mondo, il nostro, che, al contrario, ha rigettato questo nome, nel mentre altre rivoluzioni che non quella proletaria, come quella digitale, dell’intelligenza artificiale, del processo tecnologico infinito, coniugate alla miseria del precariato e alla disparità sociale, sempre più insostenibile, in altre parole, alle nuove povertà, scuotono il mondo intero assoggettandolo dolcemente…! Loro, invece, continuano a riproporre la stessa dialettica della triade Marx-Engels-Lenin, convinti che essa resti la sola, vera soluzione al problema dell’uomo, e intanto camminano, camminano…inseguendo un fantasma, equilibristi sul filo sottile della Storia.

 

Note

  1. La rivista, diretta dall’ex segretario e presidente della Camera, è edita da Castelvecchi editore, Roma.
  2. Con l’assemblea del 23 novembre 2024 tenutasi a Roma, viene sancita la nascita del Partito Comunista Rivoluzionario.
  3. Le “Edizioni di Lotta Comunista”, comprendenti testi classici del marxismo e questioni di politica internazionale, in gran parte ereditate dallo storico catalogo di Editori Riuniti, sono tradotti in almeno venti lingue nel mondo.
  4. ABMO, acronimo di “Archivio Biografico Movimento Operaio”, con sede a Genova in un vecchio edificio mazziniano riammodernato, sito nel quartiere di San Pier d’Arena che è anche luogo di studio e di consultazione di opere riguardanti la tradizione storico-politica marxista e il movimento operaio in tutte le sue coniugazioni.

*Immagine generata con AI.

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